Confessioni di un dj

Confessioni di un dj

Remixing. Viaggi nella musica del XXI secolo, di Jace Clayton (Dj/Rupture), racconta il mondo della musica di oggi e di domani, all'insegna della creatività e delle fiducia nel futuro. Per introdurvi alla lettura, niente di meglio che un estratto da Le Confessioni di un DJ, il primo capitolo del libro, nel quale l'autore 'confessa' il suo stile di vita completamente aperto ai fermenti e agli stimoli di ogni dove.

Lo scorcio iniziale del ventunesimo secolo ce lo ricorderemo per l’enorme quantità di cose dimenticate. Fra i modi in cui comunichiamo fra noi e in cui facciamo esperienza del mondo sono sempre di più quelli che stanno assumendo una natura digitale, e quindi si smaterializzano; moltissimo finisce perduto, mentre emergono molte possibilità nuove. Fra cent’anni il periodo che stiamo vivendo sarà considerato un punto di svolta decisivo: il punto in cui dall’analogico siamo passati al digitale.

Le peculiarità di questa transizione appaiono chiare e distinte soprattutto nell’ambito della musica: mi riferisco a quella magia in forma d’onda che si propaga quando lo spirito umano e la tecnologia uniscono le forze per creare vibrazioni che ci conquistano, al di là delle lingue e delle generazioni, a mezz’aria fra novità e tradizione, e che chiedono sempre di essere condivise. Il battito cardiaco dello Zeitgeist.

Basta una canzone di tre minuti per fermare il tempo, proprio come un campionamento riesce, in tre secondi, a evocare decenni di storia. La musica cronometra la velocità della nostra epoca; poi, secondo l’esigenza del momento, la distende, la contrae, le dà ritmo e attualità.

Da vent’anni a questa parte, è indiscutibile, la tecnologia digitale ha modificato la musica in ogni suo aspetto: ispirazione, produzione, distribuzione, esecuzione e ricezione – tutto insomma. In qualche caso la situazione è peggiorata, ma per lo più è migliorata. E queste profonde trasformazioni elettroniche non sono che una parte del quadro. Se penso a che cos’è stata la mia vita da quando ho cominciato a fare il dj in ambito internazionale, nel 2000, mi vengono le vertigini: non so più quante città ho attraversato, quanti fusi orari. Mia moglie a volte mi chiama “il re del jet-lag”.

Posso dire, senza esagerazione, di aver preso un migliaio di aerei, e dovunque sia andato mi ha colpito come la varietà di circostanze locali complichi o addirittura contraddica la versione standard, offerta dai media, su come stia cambiando la musica.