Il ruolo della messa in scena

Il ruolo della messa in scena

Michele Girardi, musicologo ed esperto pucciniano curatore del volume Madama Butterfly, ci accompagna alla riscoperta e alla rivalutazione del ruolo della mise en scène nella percezione del teatro d'opera, con particolare riferimento al lavoro di Albert Carré per la Butterfly.

Dal capitolo Le droghe della scena parigina del volume Madama Butterfly (EDT, 2013)

 

Nel campo degli studi sull’opera in musica, interdisciplinari e musicologici, solo da pochi anni la messa in scena viene considerata come una parte fondamentale dello spettacolo per il ruolo che svolge nell’opera (nell’accezione di opus), tale da portare un contributo determinante nella ricezione di un titolo – e negli ultimi vent’anni si sono moltiplicati gli studi sulla mise en scène anche perché ci si è resi conto che compositori come Verdi e Puccini pensano spesso le loro opere in termini visivi. Se il ruolo del regista nel teatro di parola e in quello lirico è divenuto sempre più importante a partire dalla fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, in armonia con la prima fioritura di forme di teatro sperimentale e man mano sviluppandosi fino a dar vita al fenomeno, di piena attualità, del cosiddetto “teatro di regia”, lo studio della componente visiva e gestuale in relazione al libretto e alla partitura ha sofferto ritardi maggiori. Dapprima considerata in modo separato dall’azione, la scena viene ora valutata sempre più spesso per quello che è, vale a dire come un fattore organico dello spettacolo.

 

All’incontro di Puccini con la tradizione drammaturgica francese, in occasione della prima transalpina della Bohème all’Opéra-Comique nel 1898, e all’esclusiva collaborazione con Albert Carré, si devono i primi livrets de mise en scène delle sue opere. Questi preziosi volumetti – come accade in una partitura d’orchestra per le parti di strumenti e voci – registrano i movimenti degli interpreti di un preciso allestimento (normalmente quello della prima assoluta), collocandoli nella pianta del palco in rapporto ai bozzetti, agli attrezzi e all’intero arredo scenico, facendo talvolta riferimento anche ai figurini e all’illuminazione, e contribuiscono a determinare il messaggio che lo spettatore riceve dalla serata teatrale, fissandolo a beneficio di riprese successive, anche in altri teatri.

 

Nel corpus di livrets conservati presso la biblioteca dell’Association de la Régie Théâtrale a Parigi, spicca quello di Madame Butterfly, redatto in occasione della prima francese all’Opéra-Comique il 28 dicembre 1906. In questa circostanza il confronto con un regista ante litteram ma autentico come Carré fu tra i fattori che spinsero Puccini al perfezionamento dell’idea drammatica e della forma musicale della propria «tragedia giapponese», un cammino che era iniziato ben prima dello sfortunato debutto alla Scala di Milano nel 1904, e che ha a che vedere con scelte di fondo nel trattamento drammatico del soggetto, in particolare con il rapporto controverso fra personaggi statunitensi e giapponesi. Il nodo è stato ben colto da Arthur Groos che, nel difendere la legittimità “autoriale” della Madama Butterfly nata a Parigi (come di altre versioni, precedenti e successive), e gli interventi sul testo proposti dal regista da chi lo accusava di aver servito gli interessi coloniali della borghesia francese in fase d’imperialismo acuto, nota che «il problema sta però nel fatto che questi cambiamenti riguardano aspetti discussi da Puccini e dai suoi collaboratori o modifiche da loro intraprese molto prima dell’allestimento di Parigi (in verità già prima del debutto alla Scala)».