Per sempre profugo: la vita dopo la fuga

Saggi e narrazioni

Per sempre profugo: la vita dopo la fuga

Un funzionario, esperto.
Un profugo, esperto anche lui.
Funzionario: Sei ebreo?
Profugo: No.
Funzionario: Sei musulmano?
Profugo: No.
Funzionario: Sei armeno?
Profugo: No.
Funzionario: Sei libanese?
Profugo: No.
Funzionario: Che cosa sei, allora?
Profugo: Complicato.

 

Ilija Trojanow scappò a soli sei anni dalla Bulgaria d'influenza sovietica; attraversò la Jugoslavia, l'Italia e raggiunse infine la Germania, dove visse per lungo tempo prima di trasferirsi nuovamente a Nairobi.
Partendo dalla sua esperienza personale, e traendo ispirazione dal ciclo di dipinti The Migration Series (1940-1941) di Jacob Lawrence, traduce con spirito poetico e lieve, talvolta drammatico ma mai pesante, l'ardua condizione di profugo. Come scrive nella premessa, "il più delle volte il profugo è un oggetto. Un problema che deve essere risolto. Un numero. Una questione di costi. Un punto. Mai una virgola"; la fuga continua a incidere per tutta la vita. La solitudine, l'estraniamento, il desiderio inappagabile di normalità, il rapporto difficile con le proprie radici, l'estenuante permanenza in una terra di nessuno psicologica prima che burocratica: il profugo si è lasciato alle spalle una patria, una lingua, un intero sistema di punti di riferimento e di famigliarità, ma sembra non poterne acquisire uno nuovo.
Quelli che l'autore racconta sono i tormenti, le speranze, gli autoinganni, i sogni di chi ha fatto la scelta di voltare una pagina della propria vita, e si trova per questo suo gesto di libertà e di autoaffermazione improvvisamente sottoposto alla volontà, se non all'arbitrio, dei suoi simili.

La sua è una storia che rimanda a milioni di altri destini senza parola.

 

"L'identità è conferita alla nascita, ma è determinata da colui che la possiede. Non è un'eredità. Io sono a più strati…"