La mano sinistra di Django

La mano sinistra di Django

Dal IV capitolo del libro di Michael Dregni, dedicato al maestro del gipsy jazz, il racconto della notte in cui Django Reinhardt sfidò il fuoco di un carrozzone in fiamme per salvare Bella, la compagna incinta da alcuni mesi. Quella notte Django si giocò in parte l'uso della mano sinistra, ma non certo sul tavolo da gioco.

Tutto era silenzio quando Django ritornò al suo carrozzone fuori dalla Porte de Clignancourt, nelle prime ore della mattina del 26 ottobre 1928, dopo aver suonato alla Java. La notte si stendeva clemente su la Zone, avvolgendone nell’ombra la miseria, restituendo al buio il mondo. I carrozzoni erano parcheggiati a caso in tutta quella terra di nessuno, e regnava la quiete.

Django probabilmente stava ancora pensando all’offerta di Jack Hylton, quando salì la scaletta, bussò alla porta tre volte come al solito, oltrepassò la piccola soglia, ed entrò trovando il suo carrozzone tutto fiorito. Bella aveva preparato dei grandi bouquet di fiori finti per il funerale di un ragazzo manouche che si sarebbe tenuto in seguito. Il padre del ragazzo, uno zingaro chiamato Zeze, aveva chiesto i fiori per la tomba del figlio nel cimitero dei poveri a Thiais. Dozzine di fiori di plastica erano sbocciati dentro al carrozzone: enormi crisantemi, dalie gigantesche e rose fuori misura, tutti più grandi del vero e più colorati di quanto la natura li avesse mai fatti.

Bella, incinta di vari mesi, dormiva già. Sentendo Django che entrava, si svegliò e prese la candela e i fiammiferi. Accese il lume, ma insonnolita com’era sbagliò un movimento e la candela cadde, rotolando in un mazzo di petali di celluloide. I fiori si trasformarono in fiamme. In un attimo il carrozzone era diventato un inferno di fuoco. Django corse da Bella e la strappò dal letto. Mentre il fuoco erodeva il carrozzone, lei scappò fuori, con i capelli in fiamme. Django cercò di combattere l’incendio, ma il calore e il fumo nello spazio ristretto erano insopportabili. Afferrò una coperta per proteggersi. Soffocato dal fumo, e tenendosi la coperta sulla testa con la mano sinistra, svenne in mezzo alle fiamme.

Fuori Bella, ustionata fin sul cuoio capelluto, urlava per svegliare i carrozzoni vicini: "Django è là dentro!" Gli altri manouche uscirono di corsa e trovarono il carrozzone che bruciava come una pira. Dentro Django, mezzo morto ma spinto da qualche istinto di sopravvivenza, cercava di stare in piedi e di trascinarsi fi no alla porta. Quando quella notte crollò fuori dal carrozzone stava bruciando. Gli altri zingari lo rotolarono sul terreno per soff ocare le fiamme. Il padre di Bella, Pan Mayer, li guidò mentre lo tirarono su e lo portarono di corsa insieme a Bella all’Hôpital Lariboisière, il lontano “ospedale dei poveri” vicino alla Gare du Nord nel decimo arrondissement, nel nord-ovest della città.

Lariboisière era un ospedale dentro uno scuro palazzo, e la sua maestosa architettura nascondeva come un sudario una realtà interna ben diversa. Costruito per prendersi cura dei poveri della città, l’ospedale era chiamato la “Versailles della miseria” ed era l’ultima speranza per i poveri malati e feriti. Al momento della registrazione, Django fu inserito nel registro come paziente numero 18763, e il suo ricovero nel reparto Nélaton fu sottolineato in rosso come une affaire judiciaire, richiedendo ai gendarmi di controllare le sospette circostanze dell’incendio. Sul momento i dottori fecero a Django un’iniezione di morfina per rendere più sopportabili i tremendi dolori. Poi iniziarono l’orribile compito di grattar via i resti dei suoi vestiti bruciati per capire cosa c’era sotto. Scoprirono che la sua mano sinistra, quella con cui aveva tenuto la coperta per proteggersi dalle fiamme, era contorta a causa delle ustioni in una forma grottesca, inoltre il suo corpo era ustionato sul lato destro dal ginocchio fino al petto. Poteva essere attaccato dalla temibile cancrena, e i dottori ordinarono che per salvargli la vita gli venisse immediatamente amputata la gamba destra.

Ma Django rifiutò di farsela tagliare. Non fidandosi dei dottori e del loro modo innaturale di curare, Négros riunì intorno a sé gli altri zingari, e insieme fecero sparire Django dall’ospedale. Lo riportarono all’accampamento, e di lui si occuparono le vecchie del campo. Tamponando le sue ustioni con impacchi casalinghi di antiche e segrete pozioni di drab, erbe spontanee, le donne pregavano perché grazie alla magia o grazie alle cure Django venisse restituito alla vita. Ma nelle settimane successive Négros si accorse che Django non stava recuperando. Ci volevano ancora trattamenti medici, per quanto fosse sgradevole tornare a chiedere il soccorso dei dottori. Con l’aiuto degli altri manouche, Négros trasportò Django questa volta all’Hôpital Saint-Louis, vicino a place de la République. Con attente cure, le ustioni infette di Django finalmente iniziarono a risanarsi. La sua gamba era salva.

La sua mano sinistra era un’altra questione: era stata semiparalizzata dalle fiamme che avevano divorato la pelle e consumato muscoli, tendini e nervi, e i medici avevano poche speranze che potesse tornare a usarla.

Dal capitolo IV, Vagabondaggi 1928-1934
Michael Dregni
Django
© EDT 2011