Intervista a Giovanni Piazza

Intervista a Giovanni Piazza

In questa intervista Giovanni Piazza, autore della rielaborazione italiana del "Metodo Orff", ci introduce alla lettura del nuovo libro della collana di Educazione Musicale EDT/SIEM, L'Orff-Schulwerk in Italia, del quale è il curatore. Le peculiarità del metodo e le sue potenzialità nel contesto sempre più multiculturale del nostro Paese sono gli elementi che occorre considerare con attenzione per comprendere l'attualità dell'opera didattica di Carl Orff.

Giovanni PiazzaQuali sono i punti di forza dello Orff-Schulwerk rispetto ad altri metodi didattici? Quali punti in comune sviluppa, invece?
Il punto di forza dell’Orff-Schulwerk è proprio quello di non essere un “metodo”, cioè un percorso predeterminato, con obiettivi uguali per tutti. L’Orff-Schulwerk è una “linea pedagogica” aperta a contributi soggettivi, purché attuati nel rispetto dei suoi presupposti pedagogici: il rispetto del bambino come soggetto dell’azione educativa e la conseguente sollecitazione all'elaborazione creativa personale. I punti in comune si ritrovano con tutte quelle proposte metodologiche che premettono l’esperienza all’astrazione.

Come interagisce la “politica del fare”, che sta alla base del metodo, con l’insegnamento della teoria musicale?
Partendo dalla concretezza dell'esperienza musicale è facile e naturale portare il bambino alla comprensione del fenomeno sonoro e delle sue forme di organizzazione e regolamentazione. Avviarlo alla musica insegnandogli a tracciare dei pallini (che nulla hanno in sé di “sonoro”) su cinque righe orizzontali significa metterlo a confronto con qualcosa di cui gli sfugge totalmente il senso.

Come interagiscono musica e movimento nel metodo?
L’esperienza musicale nasce dal corpo come primo motore e percettore di ritmi e di suoni. Attraverso successivi stadi di esperienza corporea (i gesti-suono, la body percussion, il movimento espressivo, la gestualità del suonare uno strumento, la danza, la rappresentazione mimica) l’Orff-Schulwerk promuove una costante fusione del suono e della musica, sia vocale che strumentale, con il movimento. Una pratica integrata e collettiva che sfocia naturalmente in forme di drammatizzazione scenico-musicale.

Come sono utilizzate le diverse scale (maggiore, minore, pentatonica…) per l’insegnamento?
In realtà il campo scalare è ormai aperto ad altri apporti, anche extra-europei, in quanto l'”elementarità” (cioè la prototipicità) dei modelli musicali che l’Orff-Schulwerk utilizza favorisce l'ampia adozione di materiali popolari e multietnici. Tra questi la scala pentatonica, che oltre a fungere da eccellente facsimile modale maggiore o minore, è assai utile in fase di primo approccio in quanto fornisce un campo di esperienza melodica e armonica estremamente praticabile, al riparo da errori “oggettivi”.

Qual è esattamente il famoso strumentario utilizzato? Come viene fatto suonare dai ragazzi, brevemente?
Lo strumentario Orff (xilofoni, metallofoni e glockenspiele diatonici) non è oggi un ensemble ad hoc per eseguire uno specifico tipo di musica ma un “ambiente di apprendimento”. L’estraibilità delle barre ne consente un uso manipolativo accessibile fin dalla prima età, che induce il bambino a intendere “le note” non come astrusi pallini segnati sulla carta bensì come pezzi di legno o di metallo che producono sonorità determinate. Il suo uso viene poi via via razionalizzato senza mai perdere un rapporto corporeo immediato e coinvolgente.

In un contesto multiculturale come quello della società attuale, come si può adattare il metodo?
Oggi l’Orff-Schulwerk si ritrova con estrema naturalezza proprio nelle esigenze multiculturali dell’esperienza musicale, attraverso la riscoperta delle musiche etniche extra-europee, l’uso di svariate pentafonie, l’inclinazione a forme sequenziali e reiterative, l’impiego del corpo e di oggetti sonori, e così via. L’apertura ai materiali d’uso è massima. Le fonti per il progetto didattico possono avere qualsiasi provenienza. Ciò che conta è l’elaborazione che io ne farò, armonizzando e “socializzando”, in un ensemble che ha nello strumentario il suo corpus timbrico e armonico ma che include tutti gli altri strumenti, folklorici o d’arte di cui dispongo, tutti i partecipanti, ognuno con il proprio apporto culturale, un proprio ruolo e al proprio livello di competenza. È una funzione questa, oggi più che mai indispensabile, e alla quale la musica più di ogni altra pratica espressiva può assolvere.

 

A cura di Daniele Bergesio