La danza, storia di un'arte italiana

La danza, storia di un'arte italiana

CHE BISOGNO C'ERA DI UNA STORIA DELLA DANZA ITALIANA?
«Potrei rispondere dicendo semplicemente che il libro era necessario perché non esisteva niente di simile in precedenza, nonostante il fatto che una storia della danza italiana sia uno strumento importante, se non imprescindibile, per tutti coloro che oggi lavorano in questo settore e hanno bisogno di un inquadramento della materia. In realtà la faccenda è più complessa: mi sembrava molto importante che nascesse un libro come questo perché la grandissima parte delle storie generali della danza sono fortemente incentrate su Parigi. Questa sorta di "accentramento" non rappresenta solo un forte squilibrio storico, dato che gran parte della storia di quest'arte ha avuto luogo o perlomeno origine in Italia, ma anche un limite culturale, nel senso che mi sembrava molto importante far capire a chi lavora nel mondo delle arti e dello spettacolo che la danza è un elemento essenziale per la costruzione dell'idea di spettacolo in Italia».

PERCHÉ SI È ASPETTATO TANTO A SCRIVERE UN LIBRO COME QUESTO, ALLORA?
«Una storia della danza italiana mancava perché solo di recente si è cominciato a lavorare sistematicamente e in profondità su periodi fondamentali di questa vicenda, penso in particolare al Quattrocento e Cinquecento, ma anche ai secoli successivi. Se si consulta la ricca bibliografia del volume, si scoprirà che in realtà molta di questa storia poteva già essere letta in articoli di riviste, in piccoli saggi, in volumi antologici o miscellanei, ma non c'era un volume che raccogliesse tutto, e soprattutto mancava un lavoro che presentasse i risultati di tutte queste ricerche a un pubblico più ampio di quello degli studiosi».

COME HA SCELTO I COLLABORATORI DEL VOLUME?
«In base alle ricerche che avevano condotto; alcuni di loro avevano già collaborato con me nella rivista "La danza italiana", altri sono stati scelti per la profondità delle loro competenze. "La danza italiana" è una rivista nata nel 1984 che aveva come obiettivo quello di iniziare a fare ricerca su questo complesso e ricco argomento. Anni prima avevo lavorato a una storia della danza in Portogallo, quindi a una materia strettamente connessa e direi quasi dipendente dalla storia della danza italiana, e mi ero reso conto che non riuscivo a trovare in Italia i riferimenti necessari, cioè che non c'era abbastanza informazione e ricerca sul tema. Allora ho iniziato a riunire una serie di collaboratori per lavorare su questo tema e per preparare i materiali necessari a una futura storia della danza italiana. Con questo non voglio dire che questo volume storico sia nato unicamente dalla nostra rivista, ma è certo che per la prima volta quella pubblicazione periodica metteva al centro della scena e degli sforzi di ricerca la danza in Italia. Si potrebbe quasi dire che la rivista sia stata da un lato il laboratorio dal quale sono usciti sia gli argomenti e le ricerche della successiva trattazione storica, dall'altro il luogo di formazione di un gruppo di studiosi specializzati nella ricerca su questo tema, ricerca condotta con un metodo storiografi co scientifi camente accurato».

QUAL È LA CARATTERISTICA CHE UNISCE TUTTI I CONTRIBUTI DEL LIBRO?
«Quello che più mi ha sorpreso è un fatto molto significativo di questo libro. Ognuno degli autori, pur con molti scambi e incroci, ha lavorato in autonomia sul periodo storico a lui affidato; non c'è stata una richiesta particolare da parte mia, né gli autori si sono confrontati fra loro sul taglio generale da dare alla materia. Eppure, e questa è la cosa più interessante, tutti e sei i testi che compongono il volume sono attraversati da un'idea ricorrente, e cioè quella di fare qualcosa che rifletta l'esistenza di una cultura nazionale, anche quando trattano di periodi nei quali la nazione ancora non era tale. Quella che tutti gli studiosi hanno messo in evidenza, è l'esistenza di una cultura italiana, riflessa nella storia della danza, che sopravvive attraverso i secoli».

QUAL È STATO L'APPORTO DELLA DANZA ITALIANA AL CONTESTO INTERNAZIONALE?
«La danza, intesa nel senso moderno del termine - così come l'opera - è un'arte che potremmo definire "moderna": entrambe sono nate nel Cinquecento, e prima non esistevano in quanto arti autonome. L'apporto italiano fi n dall'inizio è stato fondamentale, tanto che si può senz'altro affermare che la madrepatria della danza sia stata l'Italia, e che solo in seguito si sia diffusa in Francia e quindi in tutta Europa. Il profilo della danza come arte autonoma e indipendente, dunque non più come parte illustrativa o divertissement all'interno dell'opera, nasce con il balletto pantomimo. Si tratta di un'idea che fino alla fine dell'Ottocento è stata approfondita molto più in Italia che in Francia, dove invece è sempre stata dominante quell'idea per cui la danza era parte integrante dell'opera, idea che è confl uita nel famoso genere dell'Opéra-ballet; in Francia dunque il balletto rimane all'interno dell'opera fino alle soglie del Novecento. L'Italia in un certo senso si adegua a questo modello, ma nella sua storia si può notare la caratteristica costante di una forte indipendenza del coreografo nei confronti dell'opera. Inoltre, la figura del coreografo si caratterizza in Italia come quella di un autore a pieno titolo: in Francia, soprattutto nel periodo romantico, il coreografo era tenuto a illustrare l'idea di un librettista, mentre in Italia il coreografo è una fi gura totalmente autonoma».

QUAL È IL PROSSIMO PASSO NEL LAVORO DI SCAVO SULLA DANZA ITALIANA?
«Negli Stati Uniti nel 2010 è stata pubblicata una storia della danza, intitolata [i]Apollo's Angels[/i] [Random House, 2010], che si è rivelata un grande successo editoriale. L'autrice, Jennifer Homans, per la prima volta nella storiografia internazionale della danza ha dato un buon rilievo alla danza italiana all'interno del libro; per la prima volta, per esempio, il lavoro di un coreografo come Aurel Milloss viene inserito nella storia generale della danza del Ventesimo secolo. Si tratta di un primo passo che testimonia anche del successo del lavoro di ricerca svolto in Italia negli ultimi decenni. La mia speranza è che la diffusione di questa prima sistemazione complessiva della materia - diffusione che tutti ci auguriamo non si limiti al nostro Paese - porti una consapevolezza ancora maggiore, nel mondo della danza, del fondamentale apporto che l'Italia ha dato alla storia del balletto».