Che razza di musica. Jazz, blues, soul e le trappole del colore
Un libro che mette radicalmente in discussione le categorie frequentemente legate al jazz e alla musica afroamericana.
Musica “nera”, “jazz bianco”, cantanti neri che possiedono il senso del “soul”, lo swing come attitudine “naturale” dei neri americani: quale fondamento hanno espressioni come queste, spesso ripetute acriticamente dal pubblico e degli addetti ai lavori? Se si spinge lo sguardo con attenzione al di là del mito della “black music”, la storia della musica e la ricerca scientifica dimostrano una realtà molto più complessa e contraddittoria.
Da uno dei più seri e preparati musicologi italiani, un libro che anche facendo ricorso alle più recenti acquisizioni della genetica porta alla luce le tante trappole del concetto di “identità” e conduce una critica profonda e documentata al cosiddetto “essenzialismo” jazz – la teoria neoconservatrice americana, molto diffusa, che vuole un jazz radicalmente “nero” – in favore di una nuova concezione di continuità tra le culture.
Stefano Zenni (Chieti, 1962) insegna Storia del jazz e delle musiche afroamericane presso il Conservatorio di Bologna. Tra i suoi volumi, I segreti del jazz (2008), Storia del jazz. Una prospettiva globale (2012) e monografie su Armstrong, Hancock e Mingus. È direttore artistico del Torino Jazz Festival e di MetJazz a Prato. Tiene da anni le Lezioni di jazz presso l’Auditorium Parco della Musica di Roma. Nutre una divorante passione per il cinema e forse in un’altra vita avrebbe voluto fare il comico.