Coltrane: tracce e interviste

Coltrane: tracce e interviste

Per introdurre il lettore alla raccolta delle interviste di Coltrane abbiamo selezionato un piccolo gruppo di registrazioni (con video ove possibile) che rappresentano punti di svolta nella sua breve ma intensa carriera, e di cui si tratta nel volume. Data la struttura del libro, gli argomenti vengono spesso affrontati da vari punti di vista, ma le collaborazioni con Gillespie, Miles e Monk e il lavoro come leader negli ultimi anni di vita sono certamente centrali nell'esperienza coltraniana.

Ogni brano è commentato da estratti del libro fatta eccezione per So What, incluso per la straordinaria importanza musicale e visiva, per il quale il commento è stato redatto per l'occasione da Francesco Martinelli, curatore della edizione italiana del libro, che ha anche selezionato video e citazioni per questa pagina che non ha pretese di completezza ma vuol solo stimolare alla lettura dell'opera.

 

 

We Love to Boogie

primo assolo registrato, con Dizzy Gillespie, 1951

John Coltrane, che prima di incidere con Miles Davis era praticamente uno sconosciuto anche per gli appassonati di jazz, ha suonato con Gillespie in big band e in sestetto tra il 1949 e 1951, e considerava quest’esperienza centrale nella sua formazione.

«A parte i sassofonisti, per quanto riguarda le influenze musicali credo che Dizzy Gillespie e Bird furono i primi a suggerirmi l’idea dell’esplorazione musicale. È stato grazie al loro lavoro che ho iniziato a imparare le strutture musicali e gli aspetti più teorici della musica. [...] Sono entrato nella big band di Dizzy nel 1949. Sono rimasto con lui dopo lo scioglimento della band per suonare nel piccolo gruppo che organizzò in seguito. [...] Ho sempre avuto il problema irrisolto della comunicazione con i miei ascoltatori. A questo riguardo, suppongo sia inutile dirti quanto ammiri Dizzy Gillespie.»

Dalle pp. 53-54 & 109, Coltrane secondo Coltrane. Tutte le interviste | EDT 2012 | A cura di Chris DeVito | Edizione italiana e traduzione dall'inglese a cura di Francesco Martinelli

 

Little Melonae

prime incisioni con Miles Davis, 1955

Tra il 1955 e il 1960 Coltrane incide con Miles Davis una serie di dischi che sono considerati ancora oggi fondamentali per la creazione del jazz moderno.

 

«È stato Miles che mi ha ispirato il desiderio di essere un musicista migliore. Mi ha dato alcuni dei momenti più ascoltabili che abbia mai avuto in musica, e mi ha anche insegnato ad apprezzare la semplicità. Mi ha influenzato musicalmente da molti punti di vista. Una volta quando ascoltavo i suoi dischi volevo suonare il sax tenore come lui suonava la tromba. Ma quando sono entrato nel suo gruppo ho capito che non avrei mai suonato come lui, e credo che questo mi abbia spinto ad andare nella direzione opposta.»

 

Dalle pp. 99-100, Coltrane secondo Coltrane. Tutte le interviste | EDT 2012 | A cura di Chris DeVito | Edizione italiana e traduzione dall'inglese a cura di Francesco Martinelli

 

Ruby, My Dear

nel quartetto di Thelonious Monk, 1957

In una pausa del lavoro con Miles Davis Coltrane entra nel quartetto di Monk nel 1957 e questa collaborazione è tra gli eventi che daranno in quell'anno alla sua musica una nuova direzione.

«Naturalmente, ero estremamente felice quando ho saputo che avrei suonato con Monk nell’estate del 1957. Avevo sempre desiderato suonare con lui, e si trattava di un’opportunità unica: mi ricordo che abbiamo provato insieme per quattro o cinque mesi prima di iniziare al Five Spot, andavamo anche a casa della baronessa Nica de Koenigswarter; stavamo lì tutta la notte, Monk mi spiegava al piano una frase o due, ascoltavamo dischi, e il whisky scorreva a fiumi. [...] Dovevo sempre stare all’erta con Monk, perché se non stavi attento a quello che succedeva poteva capitare di sentirsi cadere di colpo come entrare nella tromba quando l’ascensore non c’è.»

Dalle pp. 114 & 284, Coltrane secondo Coltrane. Tutte le interviste | EDT 2012 | A cura di Chris DeVito | Edizione italiana e traduzione dall'inglese a cura di Francesco Martinelli
So What

da The Sound of Miles Davis, Speciale TV, 1959

Tra i pochi documenti visivi della carriera di Coltrane si trova lo speciale TV dedicato a Miles Davis in cui il gruppo del trombettista esegue i brani del disco più celebre della formazione, “Kind of Blue”. Tra le altre cose il video permette di apprezzare la differenza di atteggiamento, portamento e abbigliamento tra i due. L'incisione di So What è diversa da quella del disco e comprende un arrangiamento di Gil Evans. 

 

Naima

dal vivo in Europa, 1965

La tenera “Naima” – un nome arabo – prende il nome della moglie di John. «La melodia è costruita», osserva Coltrane, «su accordi sospesi su una nota di pedale in mi bemolle per l’esterno. Mentre l’interno, il bridge, vede gli accordi sospesi su un pedale in si bemolle». [I musicisti di jazz, parlando della classica struttura AABA della canzone, sovente definiscono il primo tema A l’“esterno” del brano, e il secondo tema B l’“interno” o, con apparente contraddizione, “bridge” (ponte) o “channel” (canale), N.d.C.] Qui si dimostra ancora l’immaginazione melodica tutt’altro che ordinaria del Coltrane compositore, e la profonda forza emotiva di tutta la sua opera, come autore e come strumentista. C’è un “grido” – non necessariamente di disperazione – nella musica dei migliori musicisti di jazz. Rappresenta un uomo che è in contatto con i propri sentimenti più profondi, e che è capace di esprimerli, e certamente Coltrane ha questo “grido”. [...] «Quella che io considero la mia migliore composizione è "Naima"» (l'ultima frase da un'intervista di Coltrane con Michel Delorme e Jean Clouzet).

Dalle pp. 42-3 & 183, Coltrane secondo Coltrane. Tutte le interviste | EDT 2012 | A cura di Chris DeVito | Edizione italiana e traduzione dall'inglese a cura di Francesco Martinelli

 

Ogunde

dall'ultimo concerto registrato, 1967

Dai ricordi inediti di Babatunde Olatunji pubblicati in appendice al volume.

Il 23 aprile 1967 l’Olatunji Center of Afrikan Culture, Inc. presentò John Coltrane e il suo quintetto in “The Roots of Africa” per due performance ininterrotte dalle 16.00 alle 18.00 e dalle 18.00 alle 20.00. Il concerto, che fu ben pubblicizzato e reclamizzato con annunci sui giornali e sulle radio, portò centinaia di persone sia nere sia bianche da tutte le aree della città. La grande affluenza per tutti e due gli spettacoli provò che Trane era ancora ammirato e rispettato da quelli del settore. Dimostrò che malgrado tutte le voci era in ottimo spirito e in gran forma, ancora padrone del suo strumento, ancora determinato a non lasciare che l’ostentazione di immoralità collettiva, l’ingiustizia, i pregiudizi e la disonestà da parte di molti personaggi del mondo commerciale della musica distruggessero il suo impegno, e quello di altri, verso il bene e la ricerca della verità. Questa filosofia di vita Coltrane l’ha messa in pratica nei suoi rapporti con coloro che hanno camminato e lavorato insieme a lui.

Dalle pp. 277-8, Coltrane secondo Coltrane. Tutte le interviste | EDT 2012 | A cura di Chris DeVito | Edizione italiana e traduzione dall'inglese a cura di Francesco Martinelli