Conversazione con Kramer

Conversazione con Kramer

La lotta di una melodia ci parla della nostra vita. A cura di Isabella Maria

Musica classica: perché la ascoltiamo ancora con tanta passione? Perché non passerà mai di moda? Che cosa ci racconta di noi stessi? Una ricerca esistenziale o un saggio musicologico? Come nasce il suo libro?
«E' stata certamente una combinazione delle due cose. Un amico, dopo avermi letto Why Classical Music Still Matters["Perché la musica classica è ancora importante", il titolo originale del libro, N.d.R.], evidentemente colpito dal coinvolgimento che vi percepiva mi ha detto: avresti dovuto intitolarlo Why Classical Music Still Matters "to me". La ricerca in ambito musicologico ha permeato la mia intera carriera, ma questo libro, che pure nasce anch'esso dai miei studi, è in molti sensi un'affermazione personale. Ho pensato che spiegare in modo il più possibile coerente e partecipato le ragioni per cui sono arrivato a considerare molto importante questo repertorio - ragioni che a me paiono estremamente stimolanti sul piano intellettuale - avrebbe forse incuriosito i lettori, spingendone qualcuno ad approfondire l'argomento.

Poi, certo, sentivo anche l'esigenza di dare una mia risposta alle diffuse preoccupazioni sul futuro della musica classica. E, sotto sotto, c'è sempre, nel libro di un professore, il vecchio sogno accademico di scrivere qualcosa che possa essere apprezzato da un largo pubblico e nello stesso tempo avere un qualche valore sul piano scientifico».

 

QUALI SONO DUNQUE I VALORI PRINCIPALI CHE LA MUSICA CLASSICA PROPONE, PRIMA E A DIFFERENZA DEGLI ALTRI GENERI?
«Devo premettere che esiste una vera e propria industria culturale che da oltre cento anni va propugnando l'idea della superiorità della classica sugli altri generi musicali, per un verso o per l'altro. Questo per me è un modo irragionevole di procedere: non si può imporre un valore alle persone, si può al massimo indicare ciò che si è trovato, o creduto di trovare, nel corso delle proprie riflessioni, e questo è lo spirito in cui ho scritto il libro.

In particolare, in questo repertorio per me esiste una peculiarità: al potere, che la classica condivide con tutte le altre musiche, di commuovere e suscitare emozioni, si affianca la capacità di interrogare la coscienza e la mente dell'ascoltatore in un processo analitico che è specificamente intellettuale. E la cosa straordinaria è che riesca a unire i due aspetti su un piano di simultaneità, inserendo l'esperienza di ascolto in una struttura temporale fluida, complessa e nello stesso tempo afferrabile. Quando si ascolta attentamente questa musica, ci si trova al contempo emotivamente coinvolti ed estremamente vigili e provocati sul piano intellettuale. Ciò non significa assolutamente che non esistano altri generi di musica che siano in grado di arrivare a risultati analoghi.

Dico solo che il lavoro dei compositori classici per secoli si è dimostrato estremamente attento a questo aspetto, fino a farne una delle caratteristiche principali, sul piano storico, di questa produzione. E sicuramente vale la pena di ripercorrere il cammino, il piccolo sforzo che un ascolto attento richiede è largamente ricompensato da ciò che è possibile trovare in questa musica».

 

UNA DELLE SEZIONI PIÙ ORIGINALI E PROFONDE DEL SUO LIBRO SI INCENTRA INTORNO ALL'IDEA DEL FATO DELLA MELODIA. DI CHE SI TRATTA?
«Qualcuno potrebbe forse sostenere che nel mondo della musica popolare il ritmo o altri aspetti del linguaggio musicale abbiano preso il sopravvento, ma è storicamente vero che dal 1700 fin quasi a oggi la melodia è stata l'elemento principale di gran parte del repertorio musicale, nelle più diverse situazioni. La melodia è ciò che si canta, ciò che si ricorda, è un valore in sé.

Questo è senz'altro vero anche per la musica classica, basti pensare alle raccolte di spartiti o dischi di classici famosi. Ma ciò che la musica classica fa con intensità particolare è non limitarsi a esporre una melodia, ma inviarla per così dire all'avventura, esporla a opportunità e pericoli, misteri e rivelazioni, in modo narrativo o drammatico. Sono vere e proprie storie di vita quelle che le melodie classiche portano alla luce: noi possiamo seguire la loro nascita, l'ascesa, le peripezie, e come alla fine si spengono, e trovare interessanti corrispondenze con il nostro mondo interiore».

 

COME SI COLLEGA QUESTO CON L'USO PARTICOLARE CHE IL CINEMA, CUI NEL SUO LIBRO DEDICA UN IMPORTANTE CAPITOLO, FA DELLA MUSICA CLASSICA?
«Trovo che il cinema sia, in primo luogo, uno dei principali alleati della musica classica, forse l'agente principale tra quelli che negli ultimi 120 anni hanno contribuito a mantenerla in vita. È attraverso il canale cinematografico che molte persone hanno avuto un primo contatto con questo genere, che è presente fin dagli albori del cinema, nella musica di accompagnamento per i film muti.

Più tardi, quando la musica predominante nella coscienza collettiva è cambiata (direi intorno agli anni '70 del secolo scorso), la cosa interessante è che si è continuato a usare musica classica nelle colonne sonore dei film, spesso inserendola dentro la pellicola, sulla scena, in momenti clou per la storia o l'evoluzione interiore di un personaggio. Si è andato insomma raffinando il suo uso comunicativo, il cinema ha avuto la capacità di mettere in luce una serie di risorse, di potenzialità, che si annidano in questa tradizione compositiva».

 

CHE COSA LE INTERESSA DI PIÙ QUANDO SCEGLIE DI ASSISTERE A UN CONCERTO, IL CAST, IL PROGRAMMA...?
«Il mio interesse principale, anche perché sono io stesso un compositore, è per il programma. Anche se tutte le esperienze musicali più intense sono in genere legate alla dimensione live, e questo vale per tutta la musica, senza particolari confini. Difficilmente andrei a un concerto solo per ascoltare un interprete che ammiro, a meno che in programma non ci sia una composizione che ammiro ».

 

LA MUSICA CLASSICA HA UN FUTURO FINCHÉ...
«...finché alle persone resterà la curiosità di sperimentare quanto la musica possa arrivare lontano, e trasportarci al di là dei confini di ciò che già pensiamo di sapere».