Dove si guarda è quello che siamo: un estratto

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Dove si guarda è quello che siamo: un estratto

La condizione umana

Di vento, sale e acqua è impastata Trapani, distesa su una perfetta falce di terra abbandonata in mare e circondata dalle saline, bianca di marmi e di sale.
La luce trafigge gli occhi. Il vento passa da parte a parte. Lo sciabordio delle onde annaca. Per i trapanesi di città e del contado questo è il crocevia del mondo. Non solo Demetra ci passa ogni annata per liberare la figlia Persefone; non solo Enea volle seppellirvi il padre Anchise e imparò a mangiare i babbaluci; Afrodite da queste onde spuntò; Nausicaa, la figlia di Alcinoo, vi regnò narrando l’Odissea come ha dimostrato Samuel Butler; trapanese è la madre di san Pietro, Caterinetta e so frati Bastiano, don Chiffa che ricamava il drappo per lo sfortunato picciriddu Manfredi e mille altre storie. Di cunti e di memoria si armi il viaggiatore.
«Ma pure Shakespeare era di qua, altro che messinese» mi spiegò il professor Tanino, detto Vindice, erudito di Custonaci, cittadina dell’agro ericino, di bagli, marmo e grotte preistoriche.
«Beh, esagerazione per esagerazione, favola per favola...»
«Ma quale! E apprezzava la granita di gelsomino come noi ora... Lei sa che Carducci seppellì a Erice ’u figghiu quello della pargoletta mano?»
«Professor Vindice...»
«Tanino, prego, Vindice è l’ingiuria, il soprannome.»
«Professor Tanino, quello che io so è che a pochi chilometri da dove noi ora siamo ad assaporare il gelsomino, a Pizzolungo, morirono Barbara Rizzo Asta e i suoi nicareddi gemelli Giuseppe e Salvatore nell’attentato al giudice Carlo Palermo, un’autobomba, tre ’nnucenti, cronaca e non mito.»
«La condizione umana.»
«No, la mafia.»
«La condizione umana e la mafia.»
«La ferocia. Professor Vindice ma perché noi trapanesi che siamo gentili, che conosciamo la buona creanza, la creanza trapanese si dice, ammucciamo la mafia?»
«Ehh, la condizione umana.»
«Noi che sappiamo ’ncucciare ’u cùscuso, sopportare la fatica, navigare il mare ma anche coltivarlo sfruttando il vento nei mulini ed estraendo il sale, custodire ’a mammacaura, che per primi strumintiammo con il bulino per intarsiare il corallo, studiammo la chiusura ermetica per le botti... la inventò mio bisnonno, sa?... ci siamo messi in questa palude?»
Silenzio. Il professor Tanino ’ngiuriato Vindice tace. Ascoltiamo il vento, non porta risposte. Il vento è di scirocco.