Il re porta la corona di traverso

Il re porta la corona di traverso

Il quartetto di John Coltrane - con McCoy Tyner al pianoforte, Elvin Jones alla batteria, e Reggie Workman e Art Davis entrambi al basso - si esibì nel giugno del 1961 all'Abart's Internationale di Washington D.C. Tony Gieske, giornalista del Washington Post, intervisto Trane nella sua stanza d'albergo nel corso dell'ingaggio. Ecco il testo dell'articolo che ne segui, apparso sul "The Washington Post" il 25 giugno 1961.

 

Quando ho parlato di John Coltrane in modo entusiastico la scorsa domenica in un articolo dal tono quasi isterico, chiamandolo il nuovo re eccetera, sapevo bene che off rivo il fianco ai “Fascisti Estetici”, ma pensavo valesse la pena cercare di spingere la gente ad andare a sentirlo mentre era veramente ispirato. Un Fascista Estetico è una persona che obbedisce alla legge di un führer musicale, che può essere Beethoven o Charlie Parker, non importa quanto possa essere vuoto e inutile l’esito finale. Il Fascista Estetico, per esempio, scrive una lettera alla NBC per ringraziarla di aver trasmesso il Fidelio, un’opera di un cattivo gusto a livello trascendentale. E scrive perché gli è stato detto che Beethoven è un “genio” e che l’opera è una “forma d’arte elevata” e che in questo modo si porterà la “Cultura” alle “Masse”.

Il Fascista Estetico arriva persino a far finta di aver molto apprezzato il Fidelio, dopo che critici capaci di esprimere un alto livello di estasi meglio di me l’avranno convinto della sua importanza. Più di frequente se ne sta seduto con compiacenza fino alla fine di quello squallido vuoto, chiedendosi soddisfatto che cosa ci sarà mai di buono come dicono. Non si chiede piuttosto se quella è la verità.

Ora, io non ho detto bugie nel mio articolo. Se fai tuoi questo tipo di riferimenti – re, eroi e simili – è proprio ciò che Coltrane è al sassofono tenore in questo momento. Raccontandolo in giro si attraggono un sacco di Fascisti Estetici che, per così dire, entrano pur senza aver pagato alcuna quota, e quindi sollevano l’indignazione dei membri regolari del club, che invece lavorano duro. (Nel jazz, il Fascista Estetico viene chiamato “hippy”.) Coltrane è un re solo in modo metaforico, allora, e quando ci ho parlato per un paio d’ore da Woodner me ne sono accorto dal fatto che ha trascorso i primi cinque o dieci minuti a farsi le unghie dei piedi, roba da brividi, re o no.

Anche se si era appena alzato e vestito, re Coltrane aveva già tirato fuori il suo sassofono, un Selmer francese, e giocherellava con l’ancia. In una pila ben ordinata sul tavolino c’erano alcune copie della rivista «Negro Digest», The Universe and Dr. Einstein, Guide to the Plantes e Astronomy Made Simple.

 

«E allora che cos’è questa roba turca?», ho esordito.

«Quale roba turca?».

«Questa cosa che circola all’infi nito sugli accordi, giusto uno o due accordi, o magari solo una tonalità, che ripeti sempre, come un ostinato, senza smettere mai. Come faceva Ahmad Jamal. Com’è cominciata? Sembra che lo facciano tutti ora».

«Oh, quello. Già. Anche Miles [Davis] lo faceva. Ci ha fatto su un paio di pezzi. Lo usiamo un sacco. Ma è soltanto uno dei filoni».

«E quali sono gli altri?»

«Beh, Ornette [Coleman] ha questo ritmo “allargato”. Non suonano in quattro. È sottinteso, e questo bassista, come si chiama…».

«Charlie Haden».

«Già. Beh, fa dei tagli, e delle cose che non sono proprio sul tempo».

«Che cosa ci senti nella roba di Ornette? Ci senti tonalità, note… che cosa?»

«Beh, ci sento delle tonalità, certo. Qualche volta una, e qualche volta lui si sposta in un’altra. Ma non lo so, ogni volta che ci parlo, ha delle idee differenti. Si muove molto rapidamente. Non credo che usi gli accordi. Almeno non nel modo in cui userei io un accordo».

«Come mai parlano tanto di come tu usi gli accordi per fare queste “cortine di suono”? Io non sento alcuna cortina. Sento un sacco di note che vanno molto velocemente».

«Cortine di suono. Beh, questo è capitato quando mi sono stancato di certe modulazioni. Come quando vuoi tornare al do, e devi andare sul re e sul sol e alla fine sul do. Ci giocherellavo al pianoforte e ho trovato un altro modo di fare la stessa cosa. Ma bisogna passare per un sacco di altri posti molto velocemente, ed è per questo che sembravano come cortine di suono. Qualche volta io stesso non riuscivo a sentire le note fino a quando non ascoltavo il disco.

«Pensavo di mettermi a cercare un modo di farlo solo con poche note, orizzontalmente, ma non ne ho ancora avuto il tempo con il mio nuovo gruppo».

Re Coltrane, che si è messo le scarpe e ora cammina su e giù per la stanza, è andato in bagno a lavarsi i denti. E io ho pensato che era meglio salutarlo e lasciarlo solo a riflettere su come tornare al do, orizzontalmente.