L'arrivo della primavera

L'arrivo della primavera

L'arrivo della primavera  un momento idilliaco, soprattutto in Provenza. Peter Mayle non si accontenta di descriverne l'incanto, ma ne approfitta per ampliare lo sguardo e raccontare a modo suo alcune divertenti esperienze di vita vissuta.

Il mandorlo tentava di germogliare. Le giornate si erano allungate, terminando spesso con magnifici tramonti di cieli striati di rosa. La stagione della caccia era finita, e cani e fucili messi a dormire per sei mesi. Nei vigneti si ricominciava a lavorare: i contadini previdenti si occupavano delle viti che avevano già potato in novembre, mentre i loro vicini più pigri si affrettavano a potarle ora. La gente di Provenza salutava la primavera con inusitata vivacità, come se la natura avesse praticato a ciascuno un’iniezione di brio.

I mercati erano cambiati improvvisamente. Sulle bancarelle, agli attrezzi per la pesca, alle cartuccere e stivaloni o alle spazzole con setole d’acciaio destinate agli spazzacamini dilettanti, era stata sostituita una esposizione di strumenti agricoli dall’aria terrificante: machete, attrezzi per dissodare, falci, zappe con forcole ricurve, arnesi per l’irrorazione, capaci di seminare una pioggia di morte su ogni insetto o erbaccia tanto dissennati da minacciare le viti. Si vedevano dappertutto fiori, piante e primizie, mentre per le strade erano spuntati tavolini e sedie. C’era nell’aria la sensazione della ripresa delle attività e qualche ottimista azzardava l’acquisto di espadrillas, già esposte negli scaffali variopinti fuori dalle calzolerie.

In contrasto con tanto fermento, i lavori in casa nostra subirono una sosta. In obbedienza a qualche prioritaria richiesta primaverile i muratori se ne erano andati, lasciandoci qualche simbolico sacco di scagliola e qualche mucchio di sabbia a riprova di un loro – chissà quando – futuro ritorno per finire quel che avevano lasciato a metà. Il fenomeno della scomparsa degli operai è ben noto in tutto il mondo, ma in Provenza esso ha un suo particolarissimo contorno di raffinatezze e frustrazioni e si verifica in periodi ben definiti.

Tre volte all’anno – a Pasqua, in agosto e a Natale – i proprietari delle case di campagna fuggono da Parigi, Zurigo, Düsseldorf e Londra per venire a trascorrere un po’ di giorni o qualche settimana di semplice vita di campagna. Immancabilmente, prima di partire, pensano a qualcosa di fondamentale per il successo delle loro vacanze: un set di sanitari di Courrèges, una luce per la piscina, la ripiastrellatura della terrazza, il rifacimento del tetto nell’ala della servitù. Quale gioia ne deriverebbero, dalla loro rustica fuga, senza queste cose essenziali?

Agitatissimi, telefonano ad artigiani e operai: preparate tutto... deve essere pronto per il nostro arrivo. In quest’ansia di direttive è implicita, naturalmente, la promessa d’una buona paga, se la cosa è subito eseguita. Ciò che importa è la rapidità, non il prezzo dei lavori.

Troppo allettante per non accettare. Tutti ricordano l’avvento di Mitterrand al potere: i ricchi sembrarono immobilizzarsi, seduti sui loro quattrini. In Provenza, allora, vi era stata scarsità di lavoro edile: chi poteva essere sicuro che i tempi grami non tornassero? Così accettavano tutto, e clienti meno pressanti si trovavano improvvisamente con le betoniere ferme e le stanze in costruzione abbandonate. Di fronte a situazioni del genere, due erano i modi di rispondere: né l'uno né l’altro offrivano risultati immediati, ma mentre uno faceva aumentare il senso di frustrazione, l’altro lo diminuiva.

Li provammo tutt’e due. Tanto per cominciare, facemmo un deciso sforzo per diventare più filosofi sul tempo, considerando giorni e settimane di rinvio con la mentalità provenzale: ci rallegravamo, cioè, del bel tempo e mettevamo da parte la mentalità cittadina. Questo mese o il prossimo, che differenza fa? Prendi un cicchetto e rilassati! Andò bene per un paio delle settimane successive, quando ci accorgemmo che i mattoni dietro casa diventavano verdi per l’erbetta che vi faceva capolino. Allora decidemmo di cambiare tattica e fissammo alla squadra di lavoratori, piccola ma sorda ad ogni richiamo, scadenze precise. Fu un’esperienza educativa.

 

Peter Mayle
Un anno in Provenza
Testo tratto dal capitolo "Marzo"