Agit Pop
I grandi concerti Live Aid, per Amnesty International o per la liberazione del leader nero sudafricano Nelson Mandela, il concerto di Roger Waters a Berlino per celebrare la caduta del Muro, sono soltanto la memoria recente di un rapporto, quello tra popular music e politica, che è incominciato molti anni fa. A partire dai menestrelli folk Woody Ghthrie e Pete Seeger, impegnati a cantare la miseria della gente impoverita dalla Grande Depressione, le canzoni hanno sempre accompagnato la scena della lotta per la democrazia. In queste pagine, come in un drammatico documentario, sfilano le voci di Joan Baez, Bob Dylan, John Lennon e dei loro anni Sessanta; scorrono gli anni Settanta di Theodorakis, degli Inti-Illimani e di Bob Marley; gli Ottanta di Billy Bragg (musicista laburista e anti-Thatcher), Peter Gabriel, Hugh Masekela, Bruce Springsteen, Tracy Chapman, Sting e U2. Pericolosamente in bilico tra impegno e commercialità, tra radicalità e compromesso, il pop politico è solo all'inizio del suo cammino. Assisteremo ancora a molti altri concerti perché - come dice Tracy Chapman "ci sono troppe cose che non vanno bene e che vanno portate all'attenzione del mondo".