Charlie Parker: tracce sulla biografia di Carl Woideck
A cura di Francesco Martinelli, curatore della collana EDT / Siena Jazz
Perché la musica di Charlie Parker continua a emozionare a tanti anni di distanza? Nel suo libro Carl Woideck individua alcuni motivi di questa attualità. Per introdurre alla personalità del grande musicista, abbiamo pensato di sintetizzarli in cinque punti, presentando poi altrettante registrazioni in cui essi hanno particolare rilievo.
Sweet Georgia Brown
Prima di passare al contralto il giovane Parker suonava il sax tenore e questa registrazione amatoriale lo presenta proprio su questo strumento. Il suono è pieno, morbido e sensuale, lascia intravedere l’influenza di Lester Young nella pulizia, nell'uso limitato del vibrato e degli abrasivi “growl”. Parker mette in mostra un forte senso interno dello swing, sia che abbia come accompagnatori basso e chitarra o semplicemente spazzole suonate su una qualche superficie.
L’unità ritmica di base dell’assolo è la croma, con l’eccezione di vari spettacolari passaggi a tempo raddoppiato. I due assoli di Parker sprizzano idee da tutti i pori e sono tra i migliori esempi del suo lavoro fino a questo momento. Le sue lunghe linee di crome swingano con potenza e convinzione, aiutate in modo straordinario dal giovane ma già estremamente maturo contrabbassista Oscar Pettiford. Parker sembra anche ispirato dalla presenza del trombettista Dizzy Gillespie che non solo prende assoli ricchi di inventiva, ma che si può sentire incitare Parker con la voce. Una tecnica frequentemente impiegata è l’uso di diteggiature alternative alla Lester Young per produrre sfumature di timbro e di altezza. Parker usa per la prima volta in “Sweet Georgia Brown” una frase melodica caratteristica del suo stile con note solo non-armoniche (al di fuori cioè della scala o dell’armonia prevalente) che danno continuità a una linea melodica ascendente o discendente riempiendo cromaticamente lo spazio tra due note che sono invece parte della scala o dell’armonia prevalente.
Embraceable You
Uno dei più famosi e impressionanti esempi della capacità d’invenzione melodica di Parker è il suo assolo su “Embraceable You” (1947). Per anni, gli studiosi e gli appassionati di Parker hanno espresso la loro meraviglia per come Parker utilizzi delle variazioni sul suo motivo d’apertura di sei note (apparentemente improvvisato) per unificare le prime otto battute del suo assolo. I musicisti di jazz delle epoche precedenti avevano ottenuto continuità nell’esecuzione degli assoli attraverso l’abbellimento e la parafrasi della melodia di una canzone. Nella loro ricerca di improvvisazioni sempre fresche e in evoluzione, e per raccogliere la sfida dell’improvvisazione su armonie difficili, musicisti dello stile swing più avanzato e del jazz moderno avevano cominciato ad abbandonare in larga misura durante gli assoli l’uso di riferimenti alla melodia originale.
Parker inizia con un motivo di sei note diverso dalla melodia originale di Gershwin. Immediatamente lo abbellisce con una veloce scala ascendente e senza fare una pausa lo usa in sequenza trasponendolo più in alto. Questa versione trasposta viene poi a sua volta abbellita. Le sei note appaiono poi trasposte più in basso e usate come apertura di una frase più lunga dopodiché segue una rapida frase a tempo doppio che sorprendentemente si conclude con lo stesso motivo di sei note ampliato nell’estensione e di nuovo trasposto. L’effetto finale è quello di avere otto battute notevolmente integrate in cui si trovano coerenza e spontaneità.
La fonte del motivo di sei note usato da Parker è una canzone del 1939, “A Table in a Corner”. Le due canzoni hanno progressioni armoniche simili. Parker aveva compreso la compatibilità dei due brani e aveva la capacità tecnica per sovrapporre “A Table in a Corner” a “Embraceable You”. Il semplice atto della citazione non è l’unico risultato: quello vero è l’uso creativo di tecniche compositive nel corso dell’improvvisazione per ottenere l’unità dell’assolo. Nel corso del chorus Parker continua a trovare, esaminare e poi abbandonare diversi altri motivi che contribuiscono tutti all’unitarietà complessiva dell’improvvisazione. Dato che l’uso dell’improvvisazione tematica non era la norma nel jazz moderno degli anni Quaranta, questa take di “Embraceable You” è notevole non solo per la sua efficacia ma anche per la sua unicità.
Moose The Mooche
Le improvvisazioni di Parker in questa seduta mostrano un nuovo livello di coerenza e anticipano il meglio del suo lavoro del 1947-48. Non c’è più quella sensazione di frenesia che era emersa sui tempi veloci in alcune delle sue esibizioni del 1945; al suo posto un nuovo senso di sicurezza ed equilibrio che non entra in conflitto con le grandi capacità di invenzione e sorpresa tipiche di Parker. Diversi fattori contribuiscono probabilmente a quest’impressione generale.
In primo luogo, dato il gran numero di solisti nel gruppo, nessuno prende assoli di grande lunghezza e Parker reagisce alle limitazioni temporali producendo improvvisazioni concise, dall’equilibrio classico. In secondo luogo, i musicisti non suonano a rotta di collo come succedeva in diverse registrazioni effettuate nel 1945 insieme a Gillespie. Infine, senza l’amichevole competizione con Gillespie, compagno nella maggior parte delle registrazioni effettuate nei dodici mesi precedenti, Parker può essersi sentito meno interessato a spingere al massimo il carattere drammatico e virtuosistico della propria musica. Nonostante avesse promesso di comporre nuova musica per l’occasione, Parker si limitò a scegliere tre brani esistenti e buttò giù una composizione originale mentre si recava allo studio33. Il nuovo brano, basato sullo schema AABA di “I Got Rhythm”, sarebbe stato intitolato “Moose the Mooche” in onore del suo fornitore di droga a Los Angeles.
Si tratta di una delle più belle melodie scritte da Parker nel corso dell’intera carriera, ed è ancora più bella perché Parker compose sia la sezione A sia la B, invece di improvvisare il bridge, come tendeva a fare di solito. Molta dell’efficacia del brano deriva dall’uso da parte di Parker di un singolo motivo ritmico che unifica tutta la composizione, una tecnica per lui inconsueta. Parker usò questo motivo (e sue varianti) diciotto volte nell’esposizione della melodia, scegliendo di mantenere lo schema ritmico base variando gli altri elementi. Fa iniziare il motivo con otto note differenti e lo conclude con sette differenti note e nel corso del brano la linea melodica generale è presentata in sei diverse forme.
Parker's Mood
In "Parker's Mood" Parker ha due occasioni di improvvisare. Infatti il brano è formato da un'introduzione, consistente di un breve intervento di Parker a tempo libero e di una breve introduzione guidata da Lewis che fissa il tempo del brano, e da due chorus improvvisati da Parker. Un chorus di Lewis e un terzo e ultimo chorus di Parker portano poi alla coda, basata sul materiale dell'introduzione, che chiude il brano.
A proprio agio con i blues a tempo lento e dal carattere cantabile, Parker dà qui il meglio sia nel senso di unità sia nella variazione. Egli ottiene un effetto unitario attraverso l'improvvisazione motivica, prendendo idee ritmiche e melodiche e sviluppandole nel corso del tempo. Contemporaneamente raggiunge un effetto di varietà ritmica scegliendo il momento giusto per introdurre nuovo materiale melodico e ritmico. Parker apre con una frase di due battute che delinea l'accordo di tonica con un sapore blues, e poi la ripete con diverse variazioni, formando uno schema a "domanda e risposta". Riprende poi un motivo già usato in un assolo precedente ripetendolo con variazioni melodiche e - ancora più importante - con variazioni ritmiche. Ciascuna esposizione del motivo è piazzata creativamente su un beat differente.
L'ascolto attento consente di penetrare l'acutezza mentale di Parker, le sue facoltà d'ascolto altamente sviluppate e il suo atteggiamento compositivo nella creazione di un solo. Egli si sentiva a suo agio alludendo addirittura a un tempo quadruplo, usando a questa velocità raffiche di biscrome o danzando sopra la sezione ritmica, suddividendo mentalmente il beat in sedicesimi. Certamente uno dei maggiori contribuiti di Parker alla musica sta nella sua capacità di fondere la complessità con un'espressività popolare: Parker usava la propria conoscenza armonica prima per dipingere i colori fondamentali del blues e poi per espandere la sua tavolozza.
Just Friends
Nel 1949 Parker crea uno dei suoi ultimi capolavori con “Just Friends” incisa nell'ambito del progetto “Parker with Strings”. Nei tre minuti del 78 giri si ascoltano tre chorus completi oltre all’introduzione, l’interludio e la coda. Dopo un’apertura abbastanza convenzionale, Parker entra con un’introduzione a tempo doppio che carica l’atmosfera di elettricità grazie allo schiocco ritmico con cui Parker, al suo solito, accenta i punti alti della melodia. Poi usa il primo chorus per esporre e abbellire la melodia, per allontanarsene dopo con grande libertà.
Una parte importante della riuscita di “Just Friends” sta nella freschezza melodica delle improvvisazioni di Parker che è attento e concentrato mentre crea una gemma d’invenzione melodica dopo l’altra. Nel suo secondo assolo (un mezzo chorus di sedici battute che viene dopo il bel chorus del pianista Stan Freeman) infila con naturalezza un riferimento a “My Man”, canzone associata a Fanny Brice e Billie Holiday (la Holiday aveva registrato il brano quasi un anno prima di questa incisione di Parker). Dopo il suo assolo finale di sedici battute, Parker esegue una coda improvvisata o “tag”. Come aveva fatto nell’introduzione egli approfitta brillantemente della situazione con energiche raffiche di semicrome, accentate in modo efficace. Anche qui il suo lavoro mostra grande spontaneità ed evita i cliché. “Just Friends” mostra ciò che le altre registrazioni con gli archi avrebbero potuto essere se gli arrangiamenti avessero concesso a Parker più flessibilità nel ruolo da giocare nell’ensemble e nelle improvvisazioni.