I primi 4 secondi di Revolver

Musica

I primi 4 secondi di Revolver

Nei primi 4 secondi di Revolver, il disco che sancisce il definitivo passaggio dei Beatles da live band per ragazzi urlanti a collettivo di sperimentatori di studio, si ascoltano nell’ordine: una voce che batte incongruamente il tempo (one-two-three-four-one-two), un nastro che scorre, un rumore di fondo “elettrico”, un colpo di tosse, un brevissimo sgorbio chitarristico: sono i primi 4 secondi del pop contemporaneo.

Questa scarna sequenza di segni, prima che il disco inizi, contiene in sé una moltitudine di significati e di domande. A partire dalla più ovvia: perché un disco dovrebbe aver bisogno di un’introduzione? E perché quella introduzione? Da qui, da una manciata di nastri tagliati e riassemblati in maniera apparentemente casuale ad Abbey Road muove il libro di Gianfranco Salvatore: un percorso a spirale che dalla densità concettuale, dal dettaglio di quei 4 secondi, si allarga progressivamente fino ad abbracciare con lo sguardo l’intero mondo della popular music che nasce dagli anni Sessanta.

La musica dei Beatles, ma anche di Jimi Hendrix, dei Pink Floyd, dei Led Zeppelin, di Frank Zappa, dei Doors, dei Grateful Dead, dei Velvet Underground, e di quelle band che mandarono in crisi la canzone tradizionale per trasformarla in un terreno di ricerca formale, sonora, esistenziale e culturale senza precedenti. Attraverso un meticoloso e strenuo lavoro di ricerca sulle fonti, Salvatore ricostruisce le relazioni alla base dell’underground londinese, i contesti controculturali e i loro legami con le arti contemporanee, il dialogo proficuo fra le due sponde musicali atlantiche – la Gran Bretagna e l’America (bianca e nera) – e con la “terza sponda” indiana, che entra in quegli anni nel paesaggio sonoro occidentale. Quella dopo Revolver non è più solo una musica, ma una cultura, un sistema complesso di idee, un cosmo: la nuova cultura pop.