La forza dell'amicizia: L'arte di andare in pezzi

Bambini e ragazzi

La forza dell'amicizia: L'arte di andare in pezzi

Riley, Oscar e Noah non potrebbero essere più diversi. Eppure, alla più improbabile delle lezioni (quella di ceramica!), scoprono di poter contare, profondamente, l’uno sull’altro.

Tre ragazzi di quattordici anni, molto diversi tra loro, incrociano le loro strade in una terza media della placida provincia americana. C’è Oscar, un colosso tutto muscoli che domina il campionato scolastico di football americano mandando in delirio la preside; c’è Noah, un genio magrolino che ha deciso di abbandonare l’homeschooling per affrontare una vera scuola; e infine c’è Riley, giunta da poco in paese dopo essere cresciuta a Philadelphia. Ognuno di loro sta vivendo un momento difficile: Oscar ha appena perso la sorella dopo una lunga malattia. Noah subisce la separazione dei genitori, evento che ha ridotto la madre in condizioni pietose. Riley è fuggita dalla grande città con la mamma, scossa da una rapina alla tavola calda dove lavorava. I tre in comune hanno davvero poco, tranne i cocci che ciascuno tenta pazientemente di rimettere insieme. Quel poco è comunque abbastanza per cementare un’amicizia solida e profonda, nata tra i banchi del corso di modellazione dell’argilla. Le cose non iniziano certo nel migliore dei modi - Oscar, distratto da Noah, viene investito dalla mamma di Riley: il campionato annuale di football per lui finisce così. Ma i ragazzi, sorretti dalla tenacia e dalla comprensione reciproca, lavorano febbrilmente l’uno per l’altro: stanno vicino a Oscar nelle difficoltà del lutto e dell’infortunio, lavorano nel garage di Noah per far ripartire l’azienda della mamma, aiutano Riley per il compito di ceramica di fine anno… un pezzo alla volta ricostruiranno loro stessi e il futuro che li aspetta, anche se con parecchie crepe tappate alla bell’e meglio.

Il primo romanzo tradotto in italiano di Paul Acampora è un inno all’amicizia e al suo potere curativo. La vita può colpire duro, in modi diversi e inaspettati, ed è in quei momenti – soprattutto quando sembra che l’unica soluzione sia isolarsi – che l’aiuto degli amici serve di più. E l’autore racconta tutto questo tra sorrisi, risate, emozioni e qualche lacrima, in uno stile brioso e divertente.
Acampora accende i riflettori sulla gioia del collaborare, dello starsi vicino, del cercare di divertirsi anche quando sembra complicato. I tre protagonisti, che si passano la narrazione di capitolo in capitolo, vengono da mondi diversi e hanno passioni pressoché incomprensibili l’uno all’altro. Eppure ce la mettono tutta per sostenersi reciprocamente, che sia una partita di football o l’arte della ceramica: l’entusiasmo che si regalano dagli spalti o al tornio è contagioso anche per chi legge, e il risultato è fatto di vibrazioni positive che restano addosso pagina dopo pagina.
Un ruolo prezioso ne L’arte di andare in pezzi, infine, è rivestito dai numerosi comprimari che ruotano intorno a Oscar, Noah e Riley: dalla scalmanata preside all’acuta signora James segretaria scolastica, da zio Pete prete sui generis al professor Martin del corso di modellazione, ciascuno ben tratteggiato nel proprio carattere e sensibilità. Tutti aggiungono il proprio tassello per saldare le crepe nell’animo e nelle speranze dei ragazzi; e anche le persone intorno a loro, gli altri componenti delle famiglie, scopriranno che riparare le fratture che ci portiamo dentro non è affatto facile, ma per fortuna è possibile.

 

Paul Acampora, nato e cresciuto nel Connecticut, oggi vive in Pennsylvania. Da anni scrive romanzi e racconti per ragazzi e adolescenti e tiene corsi di scrittura, sia per bambini sia nelle università locali. La bellezza delle cose rotte è il suo penultimo romanzo, il primo tradotto in italiano.

Un estratto

5.
NOAH

Avevo messo in conto di incontrare qualche difficoltà alla West Beacon. Ma non mi sarei mai immaginato che una di queste difficoltà sarebbe stata camminare per i corridoi. Cerco di aprirmi un varco tra volti sconosciuti, schivo le ante degli armadietti aperti, e per poco non inciampo su due tizi seduti a terra nel bel mezzo del passaggio.
«Io mi chiamo Noah Wright» faccio sapere alla montagna di ragazzo che mi sta conducendo in classe dal professor Martin.
Lui grugnisce, di nuovo, e si sistema meglio lo scatolone sulla spalla.
«E così saresti tu Oscar» dico.
«Mi conosci?»
Come se a West Beacon non lo conoscessero tutti, Oscar Villanueva. Gli anziani che bazzicano nei Donut Shop e gli habitué del Beacon Diner già adesso disquisiscono sul suo futuro alla Penn State o alla Pitt. Si aspettano tutti di vederlo giocare nella National Football League, un giorno. È solo una matricola, ma quest’anno in teoria dovrebbe riuscire a portare la squadra della West Beacon fino al campionato della Pennsylvania. E come se non bastasse, gli altri studenti lo stanno salutando tutti chiamandolo per nome. Gli battono un cinque, gli piazzano grandi pacche sulla spalla e gli fanno un sacco di feste per il rientro a scuola.
«Come mai la maglietta con i dinosauri?» mi domanda. «Mi piacciono.»
«Però sono estinti.»
Noto una spilla rossa, bianca e verde appuntata sul suo
zaino. Al centro della spilla è raffigurata un’aquila con un serpente fra gli artigli. «Anche tu hai un dinosauro sullo zaino.»
Oscar si gira a guardarsi la spilla. «Quella è la bandiera messicana, e i serpenti non sono dinosauri.»
«Non dicevo il serpente. Dicevo l’aquila. Gli uccelli sono tutti dinosauri.»
«Davvero?»
Faccio sì con la testa. «La tua famiglia è messicana?» «Sì. Lontane radici» mi spiega. «Com’è che sai tutte
quelle cose sui dinosauri?» «Mi piace leggere.»
«E parlare.»
«Anche.»
Oscar accelera il passo. Devo correre per stargli dietro. «Manca molto?» chiedo.
«Hai paura di non farcela?»
«Ho paura di perdermi, al ritorno.»
«Siamo a ottobre! Non dovresti conoscere la strada ormai?»
Inciampo su uno zaino abbandonato. «Oggi è il mio primo giorno di scuola.»
«E dove sei stato finora?»
«A circa sei isolati da qui.»
Oscar si gira a guardarmi. Ha l’aria piuttosto confusa. «Homeschooling» gli spiego.
«Da quando?»
«Da sempre.»
Si ferma davanti alla porta dell’aula di arte. «Quindi
oggi è il tuo primo giorno in una scuola vera?» «L’homeschooling è una scuola vera» gli faccio notare. «E allora come mai hai deciso di venire qui?»
Potrei spiegargli che i miei genitori si stanno separando, che non so più dove si trovi mio padre, che mia madre passa le sue giornate a dormire, piangere e sfogare la sua rabbia su Facebook e che, di conseguenza, casa mia non costituisce più un ambiente favorevole all’apprendimento. E invece, rispondo: «Mi sembrava un buon momento per fare nuove esperienze».
«Noah Wright!» chiama una voce dall’aula. «Sei proprio tu?»
Mi giro. In piedi, nel bel mezzo del laboratorio, c’è il professor Martin che mi sorride. Un tempo era molto ami- co dei miei genitori. Ora che ci penso, frequentava spesso casa nostra. Ma è da mesi che non passa più da noi. Non posso certo dire di biasimarlo.
«Cosa ci fai qui?» mi domanda.
Entro in aula, uno spazio grande, arioso, pieno di luce e odore di terra bagnata.
«Mi sono iscritto al suo corso.»
Scoppia a ridere. «Tu? Al corso base di argilla?»
«Gira voce che lei sia un bravo insegnante.»
«Più che altro, un bravo artista con una buona assicurazione sanitaria. E i tuoi come stanno?»
Mia madre non si lava e non si cambia da una settima-
na, ed è da maggio che non vedo mio padre. «Bene, grazie» rispondo.
Oscar si china, fa scivolare lo scatolone dalla spalla e lo posa a terra davanti alla cattedra con un sonoro tonfo. «Vi conoscete?» chiede.
«I genitori di Noah sono ceramisti» spiega il prof. «E a dirla tutta, Noah potrebbe tranquillamente insegnare questo corso al posto mio.»
«Sei un artista?» mi domanda Oscar.
Scuoto il capo: «No... non sono così bravo». «Diciamo che conosci il mestiere» mi dice il prof. «L’arte è ciò che scaturisce inaspettatamente dal mestiere» interviene Oscar, con nostra grande sorpresa.
«Ah sì?» dico.
«È scritto lì» spiega Oscar, indicando la parete in cartongesso dietro di me.
Mi giro e noto un’enorme bacheca tappezzata di bigliettini e lavori degli studenti. Mi avvicino e scorgo una cartolina dove qualcuno ha scritto Il mestiere è ciò che siamo tenuti a padroneggiare. L’arte è ciò che scaturisce inaspettata- mente dal mestiere. Lì accanto, su una pagina strappata da un libro, qualcuno ha evidenziato la frase L’arte non deve essere carina, deve trasmettere qualcosa.