La riscossa della piccola fiammiferaia

Bambini e ragazzi

La riscossa della piccola fiammiferaia

La vita della famiglia Sweeney ruota intorno alla fabbrica di fiammiferi, che costringe la madre e i due figli a condizioni di lavoro terribili. Ma dopo la notte di Capodanno del 1887, le cose cambieranno… Arriva una rilettura arrembante e positiva di un classico delle fiabe!

Londra, fine ’800. Breedie è una ragazzina determinata: vende per le strade della città i fiammiferi prodotti dalla mamma, operaia in una grande fabbrica, mentre il fratellino Fergal costruisce le scatole in cui riporli. I soldi guadagnati sono pochi, la madre è malata a causa delle esalazioni di fosforo, ma per la sera di Capodanno Breedie vuole assolutamente guadagnare a sufficienza: acquisterà una succulenta oca arrosto per tutti, promette; e le cose sembrano andare bene, grazie alla sua creatività come venditrice. Ma poco alla volta la giornata prende una piega differente: la mamma perde il lavoro, un nuovo venditore invade il suo territorio portandole via i clienti, e come se non bastasse Breedie ha un incidente con una carrozza che le fa perdere i soldi, i fiammiferi e persino le pantofole della mamma.
Sola, infreddolita e con soltanto tre cerini malconci, la ragazzina prova ad accenderne uno… e incredibilmente la magia accade! Comincia un lungo sogno, fatto di dimore eleganti, piatti succulenti, nuove compagnie. Breedie è estasiata, ma sente che qualcosa non va: nessuno è davvero felice, nemmeno chi è benestante. Bisogna cambiare le cose, e per farlo serve unirsi e lottare insieme: è il momento di scioperare!

La piccola fiammiferaia brilla ancora, della scrittrice britannica Emma Carroll e con le romantiche e originali illustrazioni di Lauren Child, rilegge un grande classico delle fiabe con passione militante e mordace. La parabola di Breedie, che nella versione originale per denunciare le condizioni di vita misere del tempo ruota intorno all’indigenza, alla fatica, fino alla tragica fine, diventa qui un percorso di presa di coscienza battagliero ed entusiasmante. Come nella tradizione classica delle fiabe e dei romanzi scoiali ottocenteschi, la piccola protagonista e le persone che le ruotano intorno patiscono soprusi evidenti, a cui non hanno però mezzi e possibilità per ribellarsi; stavolta però, grazie alla lucidità e alla presenza di spirito di Breedie, non ci sono ricatti salariali, emotivi o fisici che tengano: nessuno cederà senza prima aver lottato. E se la fiammiferaia è la scintilla che accende la miccia, tutta la nazione si dispone intorno alle manifestanti: prima la città, poi la stampa e infine l’intero Regno Unito partecipano alla lotta, facendola propria. Ogni abitante fa sua la protesta sentendola giusta, e lo stesso avviene per il lettore.
La penna di Carroll, infatti, che gioca sapientemente con il linguaggio dell’epoca e con toni che profumano di Charles Dickens, rende il lettore una cosa sola con la piccola fiammiferaia cocciuta e appassionata. La sua battaglia diventa la battaglia di tutti, dimostrando che si può vincere: insieme, faticando, anche soffrendo, dovendo probabilmente chiedere aiuto; ma è possibile. Senza ricorrere a propria volta all’arte della prevaricazione.
Un romanzo vivo, energico ed energetico, capace di portarci nel presente dopo un viaggio nel passato, e di regalare una protagonista che chiunque, nonostante i problemi e le difficoltà, sogna di essere.

Emma Carroll è una delle autrici più amate della narrativa per ragazzi nel Regno Unito. Ha pubblicato numerosi romanzi storici di successo, come ad esempio I cacciatori del cielo (Il battello a vapore, 2019) o Il segreto del faraone (LNF Junior 2019). I suoi libri, apprezzati per la capacità di intrecciare avventura, storia e sensibilità sociale, hanno ricevuto premi e
riconoscimenti internazionali. La piccola fiammiferaia brilla ancora conferma il suo talento nel dare nuova vita ai classici.

Lauren Child è un’illustratrice britannica di fama internazionale. Nota per la serie Charlie e Lola e per il personaggio di Clarice Bean, ha ricevuto il prestigioso Kate Greenaway Medal e numerosi altri riconoscimenti. Ha uno stile inconfondibile, innovativo e ironico, che ottiene mescolando disegno, collage e tipografia. Le sue opere sono tradotte in tutto il mondo e amate da lettori di ogni età.

Un estratto

C’ERA UNA VOLTA UNA STORIA, che ebbe inizio una sera innevata di Capodanno.
Si intitolava La piccola fiammiferaia e fu venduta, splendidamente rilegata in copertina rigida color castagna, nelle librerie di tutto il Paese. Si trattava di una storia talmente dolce e triste che i lettori finivano sempre a singhiozzare nei fazzoletti e presto divenne famosa in tutto il mondo, facendo dell’autore un uomo ricchissimo. Questi, secondo me, in vita sua non aveva mai incontrato una vera fiammiferaia, altrimenti avrebbe saputo che non eravamo tutte graziose creature dai riccioli biondi e dalle gelide manine, e che molte di noi erano alquanto stufe di soffrire la fame. Non ci interessava la compassione della gente; volevamo avere la possibilità di costruirci una vita dignitosa e di essere noi, un giorno, a raccontare la nostra storia. L’autore in questione non si era documentato. Quantomeno, non adeguatamente. Se si fosse preso la briga di parlare con qualcuna di noi, avrebbe scoperto che anche le piccole fiammiferaie hanno un nome e un cognome.
Mia mamma mi aveva chiamata Bridie, diminutivo di Brigida, come Santa Brigida, unica donna, per altro coraggiosa e ardita, fra i tre santi patroni d’Irlanda. Era anche il nome che portava mia nonna. Non l’avevo mai conosciuta perché era morta in Irlanda, ma secondo la mamma avevo i suoi stessi capelli rossi. E le stesse ginocchia ossute, e la stessa risata ruvida, e la stessa capacità di infilare parole una dietro l’altra per cui la gente si fermava per strada ad ascoltarmi, il che mi fu di grande aiuto nella vendita dei fiammiferi. Della nonna portavo anche il cognome: Sweeney.
Eccomi, dunque: Bridie Sweeney. Sono una fiammiferaia, proprio come nella celebre fiaba, anche se la mia versione finisce decisamente meglio. Ma non è il caso di correre. Dovete prima ascoltare il resto della mia storia.
Vivevo con mia madre e il mio fratellino Fergal a Londra, nell’East End, in una stanza piena di spifferi sopra un banco dei pegni, all’interno di una piccola corte di edifici malconci popolati da famiglie come la nostra, che in quei locali vivevano e al contempo lavoravano. Giorno e notte risuonavano grida e pianti. Di tanto in tanto, qualcuno intonava una canzone. Quando usciva il sole, tra un edificio e l’altro spuntavano filari di panni stesi ad asciugare, che però non asciugavano mai. Mi pareva impossibile che la regina Vittoria vivesse nella stessa città, a meno di due chilometri a ovest da noi. Scommetto che lei, però, non indossava biancheria umidiccia e che di notte non veniva mordicchiata dai topi. Ma credetemi, Londra era così: dimora dei più ricchi fra i ricchi e dei più poveri fra i poveri.
Fortunatamente, benché la nostra stanza fosse minuscola, eravamo solo in tre a dividerla. Mio padre era sparito da tempo: marinaio di passaggio dall’animo delicato – così mi aveva raccontato la mamma – quando era salpato per rientrare in Spagna aveva frignato.più del marmocchio con cui la lasciava. Non lo rivedemmo mai più, né lui né le sue lacrime.