Una veterana dell'insonnia

Saggi e narrazioni

Una veterana dell'insonnia

Secondo uno studio condotto in Germania e citato nelle pagine di Dormire, soffre di insonnia più di una persona su tre. Tra di loro c’è Theresia Enzensberger, che curiosamente fino a non molti anni fa si lamentava di dormire troppo e invidiava un po’ gli insonni, con le loro occhiaie scure e la loro aria di mistero. Poi le cose sono cambiate.

Nell’estratto che segue Enzensberger, che si definisce «una veterana dell’insonnia», racconta la propria esperienza alle prese con notti vuote, trascinate con una luce sempre accesa dentro di sé. Il brano non propone soluzioni preconfezionate né indicazioni terapeutiche: piuttosto, offre una compagnia priva di retorica a chi sa cosa vuol dire restare svegli mentre gli altri dormono.

Dormire è suddiviso in capitoli che trattano le varie fasi del ciclo del sonno. Ciascun capitolo si apre con una breve descrizione fisiologica della fase presa in esame: l’estratto riporta quella relativa al sonno profondo.

Estratto dal capitolo Sonno profondo

Tracciato EEG: onde delta – minima frequenza, massima ampiezza.

 

La fase N3 è definita anche «Slow Wave Sleep» (SWS), sonno a onde lente. È la fase del sonno più profonda, caratterizzata da segnali con frequenze molto basse e ampiezze alte chiamati onde delta. In questa fase è particolarmente difficile essere svegliati, e alcune persone non si svegliano nemmeno in presenza di rumori forti (> 100 decibel). Con l’età questa fase del sonno lenta, contraddistinta da onde delta, tende ad accorciarsi, mentre la fase N2 si allunga. Sebbene sia la fase con la massima soglia di risveglio, chi viene svegliato in questa fase sarà temporaneamente disorientato e insonnolito. Test cognitivi mostrano che le persone svegliate in questa fase sono mentalmente condizionate per un lasso di tempo compreso fra i trenta minuti e un’ora. In questa fase nel corpo si riparano e rigenerano i tessuti, i muscoli e le ossa crescono, il sistema immunitario si rinforza. Inoltre, è la fase in cui possono verificarsi sonnambulismo, terrore notturno ed enuresi.

 

La mia insonnia è un tunnel. Contro tutte le raccomandazioni degli esperti di igiene del sonno resto distesa, al caldo, con gli occhi chiusi. Non riemergo più in superficie. In realtà, dicono, bisognerebbe alzarsi, accendere la luce e leggere qualcosa finché non ci si stanca. Queste persone non capiscono che fuori, per chi è a letto, è tutto tremendamente freddo e chiaro, e che leggere, tra l’altro, non è abbastanza noioso da stancare. Perciò io resto distesa e guardo fisso nel tunnel con gli occhi chiusi.

 

Alcune persone raccontano di pensieri vorticosi che non le lasciano dormire, di cinema mentale. Nella mia testa domina il vuoto.

 

Sto sdraiata in silenzio, e dentro di me qualcosa è terribilmente acceso. Qualcuno si rifiuta di spegnere la luce. La mascella si indurisce e brucia. A volte a dire il vero guardo l’orologio, sebbene sappia già che ora segna. Un’altra cosa che non si dovrebbe fare perché a quanto pare provoca stress. Come se lo starsene lì sdraiati non fosse già abbastanza stressante. La disperazione però subentra solo raramente, alla seconda o terza notte insonne.

 

Io sono una veterana dell’insonnia, non me la racconta nessuno. Nel momento in cui dentro di me si accende questa cosa, ho perso. Lo stress lo avverto comunque. Il fatto che non serva a niente non vuol dire che possa permettermi di arrendermi.

 

Nel suo libro Sleepless [Insonne], Marie Darrieussecq scrive: «Ho abbastanza materiale da leggere fino alla fine delle mie insonnie. Apro i libri e tutti parlano di insonnia. Woolf! Gide! Pavese! Plath! Sontag! Dostoevskij! Darwish! Murakami! Césaire! Borges! U Tam’si! E tanti altri campioni della spossatezza. In tutti i continenti, la letteratura parla solo di questo. Come se scrivere equivalesse a non dormire». Ha ragione, anch’io trovo in tutti i libri che apro qualcosa sull’insonnia. Un passo molto citato dei diari di Kafka dice: «Notte insonne. Già la terza in fila. Mi addormento bene, ma dopo un’ora mi sveglio quasi avessi posato la testa in un buco sbagliato. Sono perfettamente desto, ho l’impressione di non aver dormito affatto o di aver dormito sotto una pelle sottile, ho davanti a me ancora la fatica di prender sonno e da esso mi sento respinto».

 

Se già Kafka ha scritto dell’insonnia, che cos’altro ci sarà da aggiungere? Non so se la tesi di Darrieussecq sulla letteratura come «non dormire» mi convince. Quel che constato però è che la maggior parte dei resoconti contemporanei sull’insonnia ha una drammaturgia letteraria. Sono racconti in prima persona o manuali, sono letterariamente ambiziosi, come per esempio The Shapeless Unease. A Year of not Sleeping [Il disagio senza forma. Un anno senza dormire] di Samantha Harvey, o stanno nello scaffale dei manuali di auto-aiuto, come The Sleep Revolution di Arianna Huffington. Hanno un’eroina che si scontra con delle avversità, la cui vicenda disegna una parabola. Si assiste a un’evoluzione interiore, al termine della quale l’eroina ha superato, o meglio sconfitto, la sua insonnia. In questo senso non posso essere d’aiuto.

 

A peggiorare le cose, l’insonnia è una bestia che più la si scruta con attenzione più diventa aggressiva. Se si chiudono gli occhi è lì, e quando la si osserva attacca. Probabilmente, quindi, non è una buona idea leggere o scrivere troppo sull’argomento. La cosa migliore è relegare la mera eventualità di una notte insonne nel regno dell’impensabile e non occuparsene mai più. Naturalmente, però, si tratta di un proposito del tutto irrealistico – la bestia si fa ricordare di continuo.