Il ritorno dell'onnivoro: un estratto

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Il ritorno dell'onnivoro: un estratto

PER UN PUGNO DI PURÈ

Da un po’ di tempo a questa parte non sono per niente soddisfatto del mio purè di patate. La differenza tra me e Omar Sharif, che stando alla rivista patinata sulla mia scrivania fa sempre il bis di purè, è diventata abissale. In realtà il suo purè è quello osannatissimo di Joël Robuchon, il brillante chef, proprietario del ristorante parigino Jamin. Vera e propria avventura nel favoloso mondo del grasso animale, la ricetta che troviamo nel suo libro Ma cuisine pour vous (La ont, 1986) prevede 250 grammi di burro per ogni chilo di patate. In soli dieci minuti Omar Sharif ha ingoiato una quantità di grasso animale corrispondente a dieci volte la dose massima quotidiana stabilita dal responsabile della salute pubblica americana, e sta ancora aspettando la portata principale. Ecco perché il purè di patate e gli altri comfort food di tendenza sono diventati così importanti sulle nostre tavole: ci fanno sentire chic e trendy senza obbligarci a mangiare carpaccio di tonno e fave. Considerando la campagna diffamatoria del governo contro i grassi alimentari, il purè sembra un dono del cielo. […]

Perché le patate diventano collose.
Come ogni essere vivente, la patata è formata dall’unione di milioni di cellule. Il rivestimento interno di ogni cellula è ricoperto da microscopici granuli di amido impermeabili all’acqua. Quando la patata viene riscaldata a 60 °C, i granuli di amido iniziano ad assorbire l’acqua che li circonda e a 70 °C si riempiono di liquido aumentando di volume. L’amido si trasforma allora in una sostanza gelatinosa che va a riempire completamente la cellula. Cellule ben distinte e rigonfie rendono il purè perfettamente omogeneo; peccato che a 70 °C le cellule siano ancora legate l’una all’altra e, schiacciando le patate, si romperebbero invece di separarsi, facendo fuoriuscire l’amido. E il vero nemico, quello che rende il purè colloso, è proprio lui: l’amido extracellulare.
Mentre la cottura avanza e la temperatura interna della patata raggiunge gli 80 °C, il legante delle cellule – una sostanza pectica simile alla pectina che addensa la marmellata – inizia a degradarsi e le cellule si separano l’una dall’altra. Questo è il momento giusto per schiacciare le patate. Qualche minuto di cottura in più e le cellule si indebolirebbero, rompendosi e sprigionando l’amido vischioso. Per questo le patate troppo cotte risultano appiccicose anche se più facili da frantumare. Rompete il 15-20 per cento delle cellule e ve ne pentirete amaramente.

Come scegliere le patate.
Il metodo più comune per classificare le patate è quello basato sul contenuto di amido. Una qualità farinosa come la Russet Burbank, densa, ricca di amido e povera di acqua, è tra le prescelte per il purè negli Stati Uniti, nonostante l’aggettivo “farinosa”. Nelle ricette francesi, invece, viene solitamente indicata una patata a pasta gialla come la White Rose, povera di amido e ricca di acqua. (Le patate usate da Joël Robuchon sono le BF 15; tradotto dal francese, delle patate a pasta gialla scura con la buccia gialla.) Gli aggettivi “farinoso” e “a pasta gialla” si riferiscono alla patata cotta. Schiacciandole, le patate farinose diventano tenere e leggermente granulose, mentre quelle a pasta gialla diventano cremose e morbide. Secondo alcuni ricercatori, queste ultime, più lunghe da cuocere, rilasciano un’eccessiva quantità di amido, aumentando il rischio che il purè risulti gommoso.