In Turchia, anche il cibo è politica: Michele Rumiz

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In Turchia, anche il cibo è politica: Michele Rumiz

Un viaggio gastronomico dal Bosforo all’Anatolia profonda, per raccontare – anche – i grandi cambiamenti che investono la Turchia contemporanea.

 

Istanbul, 2014. La città è un cantiere silenzioso, dove ancora riecheggia il rumore dei bulldozer che un anno prima hanno sgomberato Gezi Park, mettendo fine ai sogni di una Meglio Gioventù. Al caffè Pierre Loti – ai margini del Corno d’Oro - Michele Rumiz ritrova il suo amico Fatih, giovane ricercatore ora in attesa del visto per gli Stati Uniti, e incontra Gül, una giornalista che fatica a orientarsi in un Paese che non riconosce più. Incomincia così un cammino sulle orme di un’antica tradizione casearia – i formaggi stagionati nella pelle di pecora – attraverso il cuore dell’Anatolia, le sue ricchezze e le sue contraddizioni. Qui l’autore incontra Ilhan Koçulu, personaggio leggendario, oggetto di mille racconti ed eminenza dei formaggi turchi. È lui a condurre Rumiz nella seconda parte del viaggio, fino alla sua tana, a Kars. Tra gli altopiani che segnano il confine con il Caucaso l’autore scoprirà una Turchia senza tempo, vitale e radiosa.

ll racconto si conclude con il ritorno in Anatolia, cinque anni dopo la prima avventura. Un ultimo viaggio per raggiungere la grotta che si rivelerà “il centro del mondo” pastorale, e che offrirà lo spunto per tracciare la traiettoria di questo Paese-continente sempre più in bilico verso il Medio Oriente.

La grotta al centro del mondo è il primo libro di Michele Rumiz, scrittore e direttore di Slow Food Travel, in uscita a marzo nella collana Allacarta di EDT, la collana in cui scrittori contemporanei raccontano il mondo attraverso il cibo.

È il racconto in prima persona di un viaggio nel cuore della Turchia più autentica, alla scoperta di antiche tradizioni gastronomiche che rischiano di scomparire e al tempo stesso è una riflessione sul tramonto di una cultura rurale, schiacciata dai cambiamenti che stanno stravolgendo la Turchia contemporanea.
“C’è una simmetria tra il ritmo con cui l’Anatolia sta perdendo i suoi patrimoni rurali e la velocità con cui la Turchia diventa un’autocrazia – spiega l’autore. Il formaggio tipico Tulum – di cui ricerco le origini nel mio viaggio – è come un arcipelago che sprofonda, a simboleggiare la fragilità delle tradizioni e l’incertezza sul futuro. Un viaggio non facile ma che rivela molte cose belle, e buone: il vino, copioso, che qui si produce, la grande quantità e varietà di formaggi, la biodiversità di climi, culture, persone. Un Paese-continente dalle molteplici sfaccettature che ha voglia di raccontarsi e di essere ascoltato”.

“Pensavo ti occupassi di gastronomia, non di politica!» le dico. A quelle parole, si abbassa gli occhiali e mi fissa con i suoi occhi neri: «Michele, se ti sta a cuore davvero la gastronomia, in Turchia, finisci per forza per fare politica”. 

 

Michele Rumiz è il direttore di Slow Food Travel, il progetto del movimento Slow Food che promuove modelli sostenibili di turismo enogastronomico. La grotta al centro del mondo è il suo primo libro.

Alcuni estratti dalla voce dell'autore