Una strana coppia sotto un cielo di cartone

Bambini e ragazzi

Una strana coppia sotto un cielo di cartone

Un dodicenne sovrappeso e bullizzato, un hobo che vive in riva al fiume: un duo dall'aspetto male assortito… eppure vincente!

Lenny è un dodicenne di Glasgow dall’umorismo sardonico e dai molti talenti. Purtroppo ha anche una passione smodata per il cibo e la Irn-Bru, bevanda gassata locale: il suo essere parecchio fuori forma lo rende il bersaglio perfetto di scherzi e prese in giro, tanto da parte dei compagni quanto di alcuni insegnanti. Come se non bastasse, il suo adorato fratellone Frankie non può difenderlo dai bulli come ha sempre fatto: sta scontando una condanna in un penitenziario minorile nel nord della Scozia, e i genitori non concedono di tenere alcun tipo di contatto ai fratelli.
La situazione è grama e Lenny comincia a saltare la scuola, rifugiandosi in un angolo di parco dove rimuginare e raccogliersi sognando la riscossa. Un giorno, dalla sponda del fiume su cui il parco è adagiato, spunta Bruce, un senzatetto che vive in una capanna a ridosso dell’acqua. L’amicizia che sboccia tra i due è frizzante e complice, imperniata sull’aiuto reciproco e sulla schiettezza. Quando Lenny confida a Bruce della situazione di Frankie, i due architettano un piano ad alto tasso di rischio: grazie alla splendida voce del primo e alle doti alla chitarra del secondo, si esibiranno come duo country al centro commerciale di Glasgow. Con i soldi guadagnati prenderanno di nascosto l’autobus fino al penitenziario, nella periferia di Aberdeen, e lì finalmente i due fratelli potranno parlarsi. Il motivo per cui Frankie si trova lì, infatti, riguarda anche Lenny, e il ragazzo vuole una risposta precisa…

Brian Conaghan, autore young adult affermato in patria, sbarca per la prima volta nelle librerie italiane con un romanzo contemporaneamente intenso e leggero. Alternando umorismo scanzonato e riflessioni delicate, Sotto un cielo di cartone fluisce tra ironia e malinconia in uno scorrere omogeneo e appassionante, dosando entrambe con cura e coccolando le emozioni del lettore attraverso le pagine.
Lenny è un protagonista da amare intensamente, proprio come un fratello minore. Ha molte qualità, a partire da una simpatia e un umorismo dirompenti, ma schiacciate da un fisico goffo e da una tenera insicurezza. È inevitabile fare il tifo per lui: più che immedesimarci nel protagonista, siamo seduti al suo fianco mentre ci racconta le sue speranze, i suoi obiettivi, delusioni e conquiste. Ci entusiasmiamo un po’ stupiti per l’arguzia e la disponibilità di Bruce, per le sue magiche trovate con cui riesce ad essere la perfetta spalla per i sogni e le peripezie di Lenny. Osserviamo con occhio di adolescente i gesti, le reazioni e le prese di posizione degli adulti, tentando insieme di decifrarne i comportamenti insieme a Lenny. Soprattutto, abbiamo fame di scoprire se il meraviglioso Frankie sia davvero tale, se quel grande riferimento possa ancora esserlo nonostante gli eventi che lo hanno portato alla prigione. È nel racconto di quel triste frangente, che Conaghan nasconde le riflessioni più dure sul bullismo e sulle sue conseguenze per tutti, vittime e prepotenti; ma nel frattempo, grazie a un’avventura dopo l’altra vissute senza il paracadute del fratellone, Lenny saprà conquistare il suo spazio e il suo ruolo nonostante il pregiudizio di chi lo circonda. E noi, che ormai saremo i suoi più grandi sostenitori, concluderemo il romanzo con un sorriso pieno di sfumature.

 

Brian Conaghan vive e lavora nella città scozzese di Coatbridge. Autore di otto romanzi per ragazzi e giovani adulti, ha vinto il Costa Award, l’UK Literary Award e l’Irish Book Award; il suo romanzo When Mr Dog Bites è stato candidato nel 2015 alla CILIP Carnegie Medal. Avendo maturato una lunga esperienza nell’insegnamento dell’inglese, ha tenuto e organizzato eventi (workshop, conferenze, letture ecc.) con l’obiettivo di promuovere l’alfabetizzazione, la creatività e il piacere della lettura. Sotto un cielo di cartone è il suo primo romanzo middle-grade e anche il suo primo libro a essere tradotto in italiano.

Un estratto

5.
RIFIUTI

Lo so che non dovrei infrangere la legge e uccidere il pianeta, ma dopo averla scolata sollevo la lattina di Irn-Bru sopra la testa come un lanciatore di giavellotto e la scaglio sulla sponda del canale. Scommetto che laggiù è pieno di bottiglie di vino vuote e carrelli della spesa, perciò che male potrà fare una lattina in più? Già che ci sono lancio pure il pacchetto di snack e infine la vaschetta del pasticcio.
Mi sento un criminale.
Un criminale che ha ancora fame.
Faccio per riprendere la strada di scuola come niente fosse, avviandomi a passo leggero verso le lezioni del po- meriggio, quando una voce mi inchioda sul posto: «Ehi, tu!» grida.
Mi giro.
Deglutisco due volte.
«Hai appena gettato via questa?»
Tiene in mano la lattina di Irn-Bru come una pistola carica, puntandomela dritta in faccia. La barba incolta, un berretto rosso con un pompon e un paio di scarponi sformati avanzano nella mia direzione. La faccia è più stropicciata delle lenzuola che escono dalla lavatrice della mamma. È sempre più vicino. Da dov’è sbucato fuori questo squinternato? L’uomo del canale. L’uomo del pantano. Il mostro.
Si avvicina di un altro passo. Indietreggio.
«Vieni qui» dice.
Ha proprio l’aspetto e la pelle di un rapitore omicida.
La faccia perfetta per un identikit alla centrale di polizia. Resto dove sono. Scuoto la testa. Lui abbassa la pistola-
lattina.
«Vieni qui, non ti faccio niente.»
QUESTO È QUELLO CHE DICONO TUTTI ... FINCHÉ–BOOM!–TENEFANNODICOTTEEDICRUDE, CHE CAVOLO!
Faccio per darmela a gambe. Ma a che servirebbe? Stramazzerei a terra dopo neanche cinque metri.
«È inutile che te la svigni, figliolo. Tanto ti prenderei» dice lo squinternato. «Perfino alla mia età.»
Si ferma. Mi fermo. Dieci metri a dividerci.
«Io, ehm, non me la stavo svignando» faccio.
Le mutande sono ancora asciutte; non ho paura. A dire la verità, e questa cosa non la confesserei ad anima viva, campassi cent’anni, l’idea di essere rapito e che tutti diano di matto per trovarmi, che stiano a lambiccarsi il cervello per capire come racimolare la cifra esorbitante per il riscatto, devo dire che non mi dispiace più di tanto.
Problemino: mamma e papà non li hanno mica tutti i soldi che occorrerebbero.
Soluzione: il mio rapitore potrebbe fare loro un prezzo di favore.
Realtà: siamo seri, chi sarebbe così pazzo da volermi rapire?
Lo svitato con il berretto rosso con il pompon getta la lattina di Irn-Bru ai miei piedi.
«Di’ un po’, ti piacerebbe se trattassi casa tua come una discarica?»
«Eh?»
«Ti piacerebbe se mi presentassi da te e insozzassi il tuo giardino, la tua casa, come un dannato letamaio?»
«Eh, no. No, non mi piacerebbe.»
«Allora non mettere piede nella mia per sporcarla con i tuoi rifiuti.»
«Stavo solo...»
«Ci sono un sacco di cestini per la spazzatura, qua in giro.»
Schiocca le dita, facendomi cenno di raccogliere la lattina. Mi piego su un ginocchio e la raccatto.
«Scusi, non lo farò...»
«Perché non sei a scuola, comunque?» aggiunge dando un’occhiata al polso nudo, dove ci sarebbe un orologio se ne avesse uno.
«Stavo giusto andando.»
Non voglio che la mia mascella si scontri con uno dei suoi ganci destri o che mi prenda a calci in culo, così mi giro e inizio a filarmela. Non ho paura, no davvero. Giuro. Sento i suoi occhi trapassarmi la schiena, ma mi costringo a non voltarmi.
«Ehi!» grida.
Ormai penso di essere più o meno a venti, ventiquattro metri di distanza da lui. Mi volto.
«Forse dovresti cestinare anche quella brodaglia disgustosa, già che ci sei». Indica la lattina che stringo in mano. «Quello schifo ti frigge il cervello». Sposta l’indice in direzione della mia testa.
«Okay.»
«E la prossima volta, vedi di trovare un cavolo di cestino» urla.
La prossima volta?