Vincent e Theo, i due fratelli Van Gogh

Bambini e ragazzi

Vincent e Theo, i due fratelli Van Gogh

«Vincent e Theo, diciannove e quindici anni, davanti al mulino, uno vicino all'altro, parlano. Il latte è fresco, la pioggia è cessata, il terreno sotto i loro piedi è saldo».

 

Il giovane Vincent non sa cosa fare della sua vita. Forse diventerà pastore come suo padre Dorus, forse diventerà un mercante d’arte come lo zio Cent, forse si dedicherà ai poveri più poveri della sua Olanda, quelli che vivono nella regione depressa del Borinage. Di certo può contare sul sostegno di Theo, che a differenza del fratello è pacato, organizzato, pronto. Vincent no: è determinato e cocciuto, ma si sentirà sempre, per tutta la sua vita, fuori posto. Soprattutto, non sarà mai pronto ad essere Van Gogh; nemmeno quando un celebre critico d’arte finalmente riconosce la sua bravura grazie ad una mostra allestita proprio da Theo, che nel frattempo è diventato direttore alla casa d’arte Goupier di Parigi e sostiene economicamente il fratello. Vincent ha iniziato a dipingere seriamente molto tardi, ma ha imparato in fretta, trovando con fatica la propria strada grazie anche ai consigli del fratello. Ora ha capito che è di arte che vuole vivere; ma la sua depressione non lo abbandona poiché continua a gravare sulle spese di Theo. Fino al triste epilogo, anticipato dal celebre gesto inconsulto dell’orecchio; e neppure il buon Theo sfuggirà a un destino tragico…

Il fitto epistolario tra i due fratelli è il punto di partenza da cui muove Deborah Heiligman per scrivere il suo romanzo: più di 600 sono le lettere scritte da Vincent a Theo, a cui si aggiungono quelle del fratello e le numerose altre missive ai genitori, alle sorelle, ai grandi e tormentati amori della loro vita. Testimonianze dettagliate e dirette della vita del grande artista e del fratello che gli fu amico, sostegno, riferimento e conforto: le lettere confermano come non sarebbe esistito Vincent senza Theo.

Scritto in uno stile agile, scorrevole, fatto di capitoli brevi e ricchi di stralci dal testo delle lettere, come se da questi scaturisse la narrazione, Vincent e Theo si dipana come un’inchiesta sui due fratelli, che nell’incedere del racconto si fa via via più appassionante e ricco di dettagli. Una grande storia, tragica e luminosa insieme, viva e tormentata come il celebre giallo di Van Gogh.

 

«Quanti anni ha passato, Theo, ad aiutare Vincent, anche economicamente, a spronarlo e sostenerlo, ma ne è valsa la pena. Purtroppo, come temeva, Vincent non è vissuto abbastanza da vedere riconosciuto il suo valore. Ma Theo sì».

Un estratto

Il fratello di Theo, Vincent, vive con lui da poco più di un anno, e Theo non ne può più.
“In casa c’è un clima che mi è quasi insopportabile” scrive alla sorella Wil nel marzo 1887. Benché Theo abbia trovato un appartamento più grande per sé e per il fratello, la nuova sistemazione risulta comunque troppo piccola per contenere sia l’ingombrante personalità di Vincent sia il proprio disperato bisogno di quiete. Theo muore dalla voglia di dire a Vincent di trovarsi un altro posto dove stare, ma sa che, se lo facesse, Vincent si mostrerebbe ancora più deciso a rimanere.
Ossessivo. Polemico. Cocciuto. Vincent.
Theo van Gogh dirige la succursale parigina della famosa galleria e casa d’arte Goupil & Cie, sull’elegante Boulevard Montmartre. Theo è bravo nel suo lavoro, anche se questo è un momento incredibilmente frustrante per lui. I proprietari della galleria insistono perché venda dipinti dallo stile tradizionale, visto che piacciono al grande pubblico e portano soldi. Anche se Theo ha bisogno di guadagnare – deve provvedere a sé e a Vincent, e mandare denaro alla madre – preferirebbe trattare opere che lo emozionano davvero, per esempio i quadri degli impressionisti e di altri artisti di quel giro, amici suoi e di Vincent: Émile Bernard, Paul Gauguin, Claude Monet e Henri de Toulouse-Lautrec. E magari, fra non molto, anche i quadri di Vincent.
Ma questi pittori moderni non fruttano abbastanza, e Theo è perennemente in conflitto con i proprietari della galleria. Per lo meno, è riuscito a convincerli a lasciargli allestire una piccola mostra di quadri impressionisti nel mezzanino.
Il mezzanino non è il piano terra, e non è il primo piano. È il piano di mezzo. Come se i dipinti ci fossero, ma non ancora del tutto. È uno sguardo sul futuro. Un inizio.
Theo lavora sodo tutti i giorni e rincasa al 54 di Rue Lepic sfinito ed esasperato. Avrebbe bisogno di riposo, di pace, e invece a casa trova VINCENT.
Theo ama la fervida mente del fratello, la sua socievolezza, persino il suo temperamento focoso. Vincent è un ottimo antidoto al carattere introverso di Theo, alla sua indole malinconica.
Ma dopo i lunghi mesi di freddo inverno parigino trascorsi tra quattro mura con Vincent, Theo è a pezzi, mentalmente e fisicamente. A dicembre, poche settimane addietro, Theo era stato colpito da un episodio di paralisi – per diversi giorni non era stato in grado di muoversi. Theo sa che non può incolpare il fratello della sua cattiva salute, ma sa anche che per riprendersi deve staccare da Vincent, dai suoi strepiti e scoppi d’ira, dal suo perpetuo pontificare e dispensare lezioni su tutto.
E come se non bastasse, negli ultimi tempi Vincent ce l’ha a morte con lui. “Non perde occasione di farmi capire che mi disprezza e che gli faccio ribrezzo” scrive Theo a Wil.
Un ritratto dei due fratelli eseguito in questo momento sarebbe un gran fiammeggiare di pennellate rosso-arancio.

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Vincent e Theo sono cresciuti nel villaggio di Zundert, nei Paesi Bassi. Quando erano piccoli, il padre, un pastore protestante, aveva composto una speciale preghiera che tutti i fratelli Van Gogh avevano dovuto imparare a memoria:
“Signore, uniscici intimamente l’un l’altro e lascia che il nostro amore per Te renda il nostro legame ancora più forte”.
Theo ha pienamente rispettato lo spirito di tale preghiera. Negli ultimi quindici anni è stato il migliore amico di Vincent, da quel giorno in cui, durante una passeggiata, i due fratelli si sono scambiati una promessa. E tra alti, bassi e sfuriate varie, sono sette anni che Theo procura a Vincent i soldi per acquistare colori, pennini, matite, inchiostro, tele, carta, vestiti, cibo e, quando ancora non vivevano insieme, per pagare l’affitto.
Il 30 marzo Vincent compie trentaquattro anni; il 1° maggio Theo ne compie trenta. Ne hanno fatta di strada, insieme. Come può Theo cacciarlo di casa proprio adesso?

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Vincent e Theo van Gogh si assomigliano molto. Sono tutti e due rossi di capelli, anche se Vincent li ha rosso fuoco, mentre Theo tende al biondo. Vincent ha le lentiggini; Theo no. Sono entrambi di altezza media – intorno al metro e settanta – ma Vincent è più robusto, Theo più esile. Hanno occhi celesti che ogni tanto si scuriscono in verdemare. Sono fratelli, decisamente.
Eppure, a un primo sguardo, non potrebbero apparire più diversi.
Vincent trascorre le giornate in abiti da lavoro, a dipingere. All’aperto, quando non fa troppo freddo, altrimenti in casa. Gira imbrattato di sporco e fuliggine parigina, ricoperto di schizzi e spruzzi di colore: ocra, rosso mattone, arancio, giallo cromo, cobalto, verde, nero, bianco di zinco.
Si lava poco, il che non è così strano per un uomo dell’Ottocento. Ma forse nel suo caso è davvero un po’ troppo poco. Difatti, puzza: di sudore, sporcizia, cibo, colore, trementina, vino e tabacco. Ha quasi sempre una pipa in bocca, anche se gli sono rimasti pochissimi denti, e quei pochi che ha sono marci.
Ciò nonostante, Vincent ha un aspetto sano: è forte, vigoroso, pieno di vita. Trasuda passionalità, come se il mondo che cerca di catturare nelle sue tele fosse lì, dentro di lui, che scalpita per uscire fuori.
Theo, curato e ben vestito, ha tutta l’aria del tipico uomo d’affari parigino. Ha lineamenti più fini, più delicati del fratello. E sarebbe un bell’uomo, se solo non fosse tanto cagionevole di salute: pallido, smagrito, dà l’impressione che qualcosa gli stia succhiando via la vita. Ed è così che si sente.