Il Piemonte in verde

Saggi e narrazioni

Il Piemonte in verde

Un breve itinerario che segue gli spunti piemontesi ne I racconti delle piante di Fabio Marzano.

 

Alcuni dei Racconti delle piante si possono vivere dal vero, nei posti in cui si svolgono. In Piemonte, per esempio, è possibile pensare un piccolo itinerario che, su un territorio relativamente circoscritto, tocchi diversi luoghi citati nel libro.

Si può partire dall’Orto Botanico di Torino, adiacente al Castello del Valentino, sulla riva sinistra del Po. In questo giardino, grande poco meno di un ettaro, è stata inaugurata nel 2007 una sezione dedicata al Sudafrica, «un’esperienza unica nel suo genere» osserva Marzano. «Ci sono circa cinquecento specie vegetali, con caratteristiche diverse in termini di esigenze idriche e cicli vegetativi: malgrado siano gomito a gomito, alcune maturano in inverno, altre in estate». Il risultato è un’ottima sintesi biogeografica di una natura estremamente complessa come quella del paese africano, in cui a fronte di un’assenza di precipitazioni pressoché totale durante tutto l’anno si apprezza un’eccezionale differenziazione di specie vegetali.

Sulle colline oltre il fiume si trova l’Arboretum Taurinense, il Parco della Rimembranza della città. Non si tratta soltanto di uno spazio celebrativo, ma di un campo di sperimentazione botanica accessibile a tutti. La messa a dimora, iniziata nel 1924, è proseguita nei decenni successivi. Oggi sono oltre 21.000 gli alberi del complesso, incantevoli per i visitatori e utilissimi per gli studiosi, che possono valutare aspetti come l’attecchimento, la velocità di crescita, la resistenza alle malattie e altri elementi.

La posizione del capoluogo, centrale rispetto al resto della regione, permette di organizzare comodamente l’itinerario a seconda delle inclinazioni di ciascuno. Gli appassionati di tè proseguiranno verso nord in direzione del Lago Maggiore. A Premosello, in un recesso selvaggio delle Alpi, crescono ventimila piantine, «allineate come soldatini arborei». È la coltivazione di Camellia sinensis più grande d’Europa e si può visitare a piedi o in bicicletta.

A ovest, invece, la Val di Susa attira da tempo l’interesse dei botanici dal momento che ospita un numero di specie molto elevato in proporzione al resto delle Alpi. Marzano segnala in particolare due riserve naturali. Quella dell’Orrido di Foresto, tra Bussoleno e Susa, protegge il ginepro rosso, conosciuto anche come “ginepro coccolone”, e una ventina di specie di orchidee. Nella Riserva dell’Orrido di Chianocco il protagonista è invece il leccio, una pianta sempreverde tipicamente mediterranea, assai rara nell’Italia settentrionale: se ne trovano di spontanei solo qui in tutto il Piemonte, grazie alle particolarissime condizioni climatiche (quota compresa tra 500 e 1000 metri, ottima esposizione al sole, temperature quasi mai sotto lo zero in inverno). Il sentiero che si addentra nell’Orrido non è attualmente agibile, ma se ne possono percorrere altri ugualmente affascinanti.

Le pianure piemontesi non sono meno generose di spunti. Presso Trino Vercellese si trova infatti l’unica foresta autoctona della pianura padana: parliamo del Bosco delle Sorti della Partecipanza, che pare galleggiare, verdissimo, sul mare delle risaie tutto intorno. Il termine “Partecipanza” si riferisce al lavoro collettivo di alcune centinaia di nuclei familiari del luogo, discendenti delle comunità cui nel 1275 il marchese del Monferrato affidò la gestione di questo spazio. Una storia molto interessante, da approfondire sul libro di Marzano e sul posto.

Tra le curiosità botaniche della regione non mancano infine gli alberi monumentali. Ne segnaliamo due, curiosamente legati entrambi a Napoleone Bonaparte. Se tuttavia il platano situato sulla strada tra Alessandria e Spinetta Marengo è di sicuro riconducibile al futuro imperatore, che ordinò di piantarlo dopo la decisiva vittoria ottenuta nel giugno del 1800 contro gli austriaci, l’olmo di Bergemolo, in Valle Stura, venne quasi certamente messo a dimora all’inizio del Seicento: la sua origine napoleonica è dunque solo una leggenda ben radicata. Questo albero ha rischiato grosso pochi anni fa: sembrava infatti destinato all’abbattimento per ragioni di sicurezza, ma alla fine è stato possibile salvarlo, benché molto ridotto nelle dimensioni, con appena 9 metri di altezza a fronte dei 35 di un tempo.